L'anfiteatro romano di Cagliari |
L'anfiteatro romano di Cagliari è, senza dubbio, il più importante monumento pubblico della Sardegna romana. La zona in cui sorge, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. fu scelta per la posizione centrale rispetto allo sviluppo della romana Carales.
Attorno ad un ampio spazio ellittico circondato da un muro, l'arena, si innalza la cavea con i posti per gli spettatori, i loca, suddivisa in tre ordini concentrici di gradinate alle quali si accedeva attraverso gli ambulacra e i vomitoria, secondo una rigida ripartizione gerarchica. A ridosso dell'arena, su un largo gradino chiamato podium, prendevano posto i decuriones, membri della classe dirigente cittadina. Sui gradini del primo anello (ima cavea o maenianum primum) si accomodavano i familiari dei decuriones e i cittadini liberi per censo. Sul secondo anello (media cavea o maenianum secundum imum) prendevano posto tutti gli altri. La summa cavea o maenianum secundum summum era "riservato" alle donne e agli schiavi.
L'arena è circondata da un lungo corridoio (cryptae) sul quale si affacciavano, un tempo, le gabbie a muro per gli animali feroci. Sotto questo piano le fossae servivano, probabilmente per contenere i macchinari necessari al cambio di scena durante le rappresentazioni.
Si arrivava all'anfiteatro attraversando uno dei quartieri più eleganti dell'antica Carales, del quale, nell'area della cosiddetta Villa di Tigellio, gli scavi archeologici hanno portato alla luce importanti testimonianze. Gli spettatori avevano tessere d'ingresso gratuite (i moderni biglietti) con l'indicazione numerica del posto che era loro assegnato. Sono state trovate, nei dintorni dell'anfiteatro, due di queste antiche tesserae, entrambe in osso, in una delle quali si legge, sul diritto, Arpax e sul rovescio XVIII; sulla seconda è riportata sul diritto la scritta Lupa e sul rovescio VIIII. Non si è riusciti ancora a capire a cosa si riferissero i numeri incisi su queste tesserae. L'ingresso principale all'anfiteatro era posto a sud-sudovest ed era costruito in muratura. Oggi non se ne è conservata traccia a causa degli smantellamenti di età medioevale e moderna. Gli studiosi pensano si trattasse di un portico verso il quale convergevano diversi passaggi interni.
Per proteggere gli spettatori dal sole, coloro che promuovevano i munera gladiatoria si facevano carico di una spesa ulteriore, quella del velarium, vale a dire un sistema di tendaggi montati su tiranti che potevano essere issati o ammainati a seconda delle esigenze servendosi di meccanismi molto simili a quelli utilizzati per le vele sulle navi. I velaria erano, a loro volta, costituiti da varie strisce rettangolari di tessuto, lunghe quanto il raggio dell'edificio misurato dal muro del podio al muro esterno e larghe almeno quanto la distanza tra le singole antenne verticali utili al fissaggio del sartiame. Le prospezioni di superficie presso l'anfiteatro di Cagliari, effettuate nel 2001, hanno consentito di recuperare un oggetto piuttosto insolito, un garroccio in bronzo, vale a dire un accessorio proprio della velatura navale, composto da due anelli rotondi, uno grande ed uno più piccolo, saldati insieme a formare una sorta di numero 8. Purtroppo, però, l'anfiteatro cagliaritano non ha restituito alcuna traccia del coronamento dove, presumibilmente, erano infisse le antenne di sostegno del velarium.
I gladiatori che combattevano nelle arene e, quindi, anche nell'anfiteatro cagliaritano, finirono con il tempo per dividersi in squadre a seconda delle specialità. Ognuno di essi era caratterizzato da un particolare armamento. All'inizio si ricorreva ai prigionieri di guerra, come i Sanniti, che però scomparvero dalle arene già verso la metà del I secolo a.C.. Mano a mano che i Romani conquistavano il mondo circostante, ai Sanniti subentrarono i Galli e i Traci. Tra le tipologie di gladiatori presenti nelle arene durante l'età imperiale si hanno:
- gli equites (cavalieri) che aprivano gli spettacoli, vestiti con una corta tunica e parastinchi imbottiti. Avevano un elmo emisferico alato a larga tesa ed un piccolo scudo rotondo (parma equestris). Talvolta recavano anche una manica in lamina metallica al braccio destro. Erano prevalentemente armati di lancia, spada e scure con le quali, se disarcionati, potevano battersi anche a terra;
- i Thraeces (Traci) con il tipico elmo tracio a tesa larga con visiera decorato da un lophos, un cimiero a testa di grifone. Costoro erano vestiti da uno spartano subligaculum, un perizoma trattenuto da un'alta citura detta balteus, con una manica metallica al braccio destro ed entrambe le gambe protette da alti schinieri. Impugnavano un piccolo scudo quadrangolare e la sica, una spada a lama ricurva caratteristica della zona del Danubio;
- i mirmillones che, con tutta probabilità, derivavano dai Galli, tra i gladiatori più antichi, tradizionalmente opposti ai Thraeces. Anche i mirmillones combattevano seminudi, con un ampio scudo rettangolare ricurvo e la corta spada chiamata gladius. Avevano una manica sul braccio destro, uno schiniere o parastinco sulla gamba sinistra e un pesante elmo munito di visiera traforata. Quest'ultimo sembra che, in origine, fosse caratterizzato dalla figura di un pesce (myrma) apposta sull'alto cimiero piumato;
- i retiarii (reziari) maneggiavano gli attrezzi dei pescatori, vale a dire una rete per immobilizzare l'avversario, un tridente e un pugnale. Non avevano armi difensive e come unica protezione indossavano una manica in lamine metalliche sul braccio sinistro che, sulla spalla, aveva una sorta di piccolo scudo chiamato galerus;
- i secutores (inseguitori) che erano anche detti provocatores o contraretiarii, perchè opposti, appunto, ai retiarii. Erano equipaggiati come i mirmillones con l'unica differenza dell'elmo, ovale e privo di tesa, completo di visiera con due fori per gli occhi ed ornato di una semplice cresta metallica in modo da offrire appiglio alla rete dell'avversario;
- gli oplomachi (guerrieri dotati di armatura pesante) combattevano vestiti di un perizoma tenuto sui fianchi da una fascia di cuoio ed erano dotati di un grande elmo crestato e piumato a tesa larga e visiera traforata. Sul braccio destro avevano una manica in ferro e alti schinieri sulle gambe. Erano armati di un piccolo scudo emisferico (parmula), di una spada e, talvolta, di una lancia. Erano solitamente opposti ai mirmilloni e raramente ai Traci.
La tifoseria si divideva tra i parmularii, che sostenevano quelli in armatura pesante (gli hoplomachi e i Thraeces) e gli scutarii, che erano i partigiani dei gladiatori dotati di armi leggere e protetti da un grande scutum (mirmillones e secutores).
Con l'abbandono delle gare del circo, intorno alla fine del V-inizio del VI secolo d.C., l'anfiteatro di Cagliari divenne rifugio di qualche eremita cristiano. La frequentazione eremitica altomedioevale è testimoniata in molti anfiteatri, come lo stesso Colosseo. All'interno dell'anfiteatro di Cagliari sono stati raccolti reperti ceramici altomedioevali e si è ritrovata una grande croce latina incisa al centro di un camminamento di servizio, sul margine sud dell'edificio. Ma non è stato possibile datare con certezza il graffito.
Attorno ad un ampio spazio ellittico circondato da un muro, l'arena, si innalza la cavea con i posti per gli spettatori, i loca, suddivisa in tre ordini concentrici di gradinate alle quali si accedeva attraverso gli ambulacra e i vomitoria, secondo una rigida ripartizione gerarchica. A ridosso dell'arena, su un largo gradino chiamato podium, prendevano posto i decuriones, membri della classe dirigente cittadina. Sui gradini del primo anello (ima cavea o maenianum primum) si accomodavano i familiari dei decuriones e i cittadini liberi per censo. Sul secondo anello (media cavea o maenianum secundum imum) prendevano posto tutti gli altri. La summa cavea o maenianum secundum summum era "riservato" alle donne e agli schiavi.
L'arena è circondata da un lungo corridoio (cryptae) sul quale si affacciavano, un tempo, le gabbie a muro per gli animali feroci. Sotto questo piano le fossae servivano, probabilmente per contenere i macchinari necessari al cambio di scena durante le rappresentazioni.
Si arrivava all'anfiteatro attraversando uno dei quartieri più eleganti dell'antica Carales, del quale, nell'area della cosiddetta Villa di Tigellio, gli scavi archeologici hanno portato alla luce importanti testimonianze. Gli spettatori avevano tessere d'ingresso gratuite (i moderni biglietti) con l'indicazione numerica del posto che era loro assegnato. Sono state trovate, nei dintorni dell'anfiteatro, due di queste antiche tesserae, entrambe in osso, in una delle quali si legge, sul diritto, Arpax e sul rovescio XVIII; sulla seconda è riportata sul diritto la scritta Lupa e sul rovescio VIIII. Non si è riusciti ancora a capire a cosa si riferissero i numeri incisi su queste tesserae. L'ingresso principale all'anfiteatro era posto a sud-sudovest ed era costruito in muratura. Oggi non se ne è conservata traccia a causa degli smantellamenti di età medioevale e moderna. Gli studiosi pensano si trattasse di un portico verso il quale convergevano diversi passaggi interni.
Per proteggere gli spettatori dal sole, coloro che promuovevano i munera gladiatoria si facevano carico di una spesa ulteriore, quella del velarium, vale a dire un sistema di tendaggi montati su tiranti che potevano essere issati o ammainati a seconda delle esigenze servendosi di meccanismi molto simili a quelli utilizzati per le vele sulle navi. I velaria erano, a loro volta, costituiti da varie strisce rettangolari di tessuto, lunghe quanto il raggio dell'edificio misurato dal muro del podio al muro esterno e larghe almeno quanto la distanza tra le singole antenne verticali utili al fissaggio del sartiame. Le prospezioni di superficie presso l'anfiteatro di Cagliari, effettuate nel 2001, hanno consentito di recuperare un oggetto piuttosto insolito, un garroccio in bronzo, vale a dire un accessorio proprio della velatura navale, composto da due anelli rotondi, uno grande ed uno più piccolo, saldati insieme a formare una sorta di numero 8. Purtroppo, però, l'anfiteatro cagliaritano non ha restituito alcuna traccia del coronamento dove, presumibilmente, erano infisse le antenne di sostegno del velarium.
I gladiatori che combattevano nelle arene e, quindi, anche nell'anfiteatro cagliaritano, finirono con il tempo per dividersi in squadre a seconda delle specialità. Ognuno di essi era caratterizzato da un particolare armamento. All'inizio si ricorreva ai prigionieri di guerra, come i Sanniti, che però scomparvero dalle arene già verso la metà del I secolo a.C.. Mano a mano che i Romani conquistavano il mondo circostante, ai Sanniti subentrarono i Galli e i Traci. Tra le tipologie di gladiatori presenti nelle arene durante l'età imperiale si hanno:
- gli equites (cavalieri) che aprivano gli spettacoli, vestiti con una corta tunica e parastinchi imbottiti. Avevano un elmo emisferico alato a larga tesa ed un piccolo scudo rotondo (parma equestris). Talvolta recavano anche una manica in lamina metallica al braccio destro. Erano prevalentemente armati di lancia, spada e scure con le quali, se disarcionati, potevano battersi anche a terra;
- i Thraeces (Traci) con il tipico elmo tracio a tesa larga con visiera decorato da un lophos, un cimiero a testa di grifone. Costoro erano vestiti da uno spartano subligaculum, un perizoma trattenuto da un'alta citura detta balteus, con una manica metallica al braccio destro ed entrambe le gambe protette da alti schinieri. Impugnavano un piccolo scudo quadrangolare e la sica, una spada a lama ricurva caratteristica della zona del Danubio;
- i mirmillones che, con tutta probabilità, derivavano dai Galli, tra i gladiatori più antichi, tradizionalmente opposti ai Thraeces. Anche i mirmillones combattevano seminudi, con un ampio scudo rettangolare ricurvo e la corta spada chiamata gladius. Avevano una manica sul braccio destro, uno schiniere o parastinco sulla gamba sinistra e un pesante elmo munito di visiera traforata. Quest'ultimo sembra che, in origine, fosse caratterizzato dalla figura di un pesce (myrma) apposta sull'alto cimiero piumato;
- i retiarii (reziari) maneggiavano gli attrezzi dei pescatori, vale a dire una rete per immobilizzare l'avversario, un tridente e un pugnale. Non avevano armi difensive e come unica protezione indossavano una manica in lamine metalliche sul braccio sinistro che, sulla spalla, aveva una sorta di piccolo scudo chiamato galerus;
- i secutores (inseguitori) che erano anche detti provocatores o contraretiarii, perchè opposti, appunto, ai retiarii. Erano equipaggiati come i mirmillones con l'unica differenza dell'elmo, ovale e privo di tesa, completo di visiera con due fori per gli occhi ed ornato di una semplice cresta metallica in modo da offrire appiglio alla rete dell'avversario;
- gli oplomachi (guerrieri dotati di armatura pesante) combattevano vestiti di un perizoma tenuto sui fianchi da una fascia di cuoio ed erano dotati di un grande elmo crestato e piumato a tesa larga e visiera traforata. Sul braccio destro avevano una manica in ferro e alti schinieri sulle gambe. Erano armati di un piccolo scudo emisferico (parmula), di una spada e, talvolta, di una lancia. Erano solitamente opposti ai mirmilloni e raramente ai Traci.
La tifoseria si divideva tra i parmularii, che sostenevano quelli in armatura pesante (gli hoplomachi e i Thraeces) e gli scutarii, che erano i partigiani dei gladiatori dotati di armi leggere e protetti da un grande scutum (mirmillones e secutores).
Con l'abbandono delle gare del circo, intorno alla fine del V-inizio del VI secolo d.C., l'anfiteatro di Cagliari divenne rifugio di qualche eremita cristiano. La frequentazione eremitica altomedioevale è testimoniata in molti anfiteatri, come lo stesso Colosseo. All'interno dell'anfiteatro di Cagliari sono stati raccolti reperti ceramici altomedioevali e si è ritrovata una grande croce latina incisa al centro di un camminamento di servizio, sul margine sud dell'edificio. Ma non è stato possibile datare con certezza il graffito.
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