domenica 12 giugno 2011

Seimila anfore ritrovate nel mare di Capri

Anfore del tipo lamboglia
Il gruppo archeologico della Restoring Ancient Stabiae, guidato da Ugo di Capua e coadiuvato dalla Soprintendenza Speciale di Napoli e Pompei coordinato dall'archeologo Paolo Caputo, ha ritrovato, nelle acque antistanti l'isola di Capri, ad una profondità di circa 200 metri, migliaia di anfore romane (si stima siano almeno 6.000). Le anfore si trovavano in due zone distinte e appartenevano a due navi affondate in due momenti diversi tra il II e il I secolo a.C.. Gli studiosi pensano che le anfore contenessero vino, dal momento che le anse erano attaccate sotto l'orlo di ciascuna anfora, e sono state classificate come del tipo "lamboglia", con il corpo ovoidale di circa 1,20 metri altezza.
La prima nave affondò nel II secolo a.C. a causa, forse, di una forte tempesta, che la capovolse e sparse le anfore sul fondo sabbioso. La seconda nave, invece, affondò nel I secolo a.C., senza capovolgersi, tant'è che le anfore sono state ritrovate ancora accatastate. Alcune, addirittura, sono ancora sigillate e si spera di poterne presto analizzare il contenuto. Gli esperti non pensano si trattasse di navi a lunga percorrenza o dirette al porto di Pozzuoli perchè il naviglio che seguiva questa rotta in genere circumnavigava l'isola all'esterno.
Oltre alle anfore si sono trovati anche moltissimi pani di metallo, forse piombo, lunghi circa due metri per 30 centimetri di spessore ed un peso di 3 quintali. Questi pani presentano dei bolli sulle superfici. Probabilmente servivano per stabilizzare i natanti oppure erano utilizzati per il commercio, saranno presto anch'essi oggetto di uno studio specifico.
Il traffico marittimo nel golfo di Napoli, in età romana, era piuttosto sostenuto. Il pregiato liquido, prodotto a Sorrento, Pompei e Mondragone, viaggiava fino in Africa, Spagna e Gallia Narbonense, consentendo a quelle popolazioni di provare gli esotici gusti del vino aromatizzato con le rose (Rosatum) o con le viole (Violatum), oppure la Lympha Vesuviana, un vino rosso che, come tutti gli altri vini, non veniva consumato puro ma con due terzi di acqua e prevalentemente bevuto nel pomeriggio.

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