venerdì 5 agosto 2011

Un'incursione a Venosa

Bassorilievo romano di Venosa
dedicato probabilmente a
Cicerone
L'insediamento umano, a Venosa, risale a circa 600.000 anni fa. Nei pressi della cittadina della Basilicata è stata rinvenuta anche una necropoli neolitica. Il centro abitato vero e proprio fu fondato, probabilmente dai Sanniti i quali, nel 291 a.C., dovettero cederlo ai Romani che ne fecero una colonia e vi trasferirono circa 20.000 persone.
Sull'etimologia del nome vi sono diverse ipotesi. La maggior parte degli studiosi ritiene che il nome Venosa derivi dal fatto che la città fosse votata alla dea Venere (in latino Venus mutuato anche dal fenicio Benoth). Altri ritengono, invece, che l'appellativo sia derivato dall'abbondanza e dalla qualità dei vini che qui si producevano (vinosa) o, in alternativa, dalla ricchezza delle vene d'acqua.
L'occupazione romana giovò molto all'economia di Venosa, anche perchè, poco lontano dal centro, correva la via Appia, una delle più importanti arterie di scorrimento della penisola, all'epoca. Nel 65 a.C. a Venosa vide la luce il poeta Quinto Orazio Flacco.
Il cristianesimo si insediò in città intorno al 70 d.C. e con esso anche una delle prime comunità ebraiche d'Italia, che riuscì a integrarsi perfettamente nel tessuto sociale cittadino. Testimonianza di questa felice integrazione è la collina della Maddalena, dove sepolture cristiane e sepolture ebraiche poco si distinguono e convivono da secoli.
Nel 114 d.C. fu aperta la via Traiana, che collegava Benevento e Brindisi ma evitava Venosa, causando gravi ripercussioni economiche per la cittadina della Basilicata.
La caduta dell'impero romano e l'avvento del medioevo portò anche le invasioni barbariche, che devastarono Venosa fino al V secolo d.C.. Nel 476 gli Eruli di Odoacre invasero la cittadina; nel 493 gli Ostrogoti la trasformarono in centro amministrativo, politico ed economico. Nell'842 Venosa fu saccheggiata dai Saraceni, in seguito cacciati da Ludovico II. Fu la volta, quindi, del dominio Bizantino che lasciò spazio, dopo la sconfitta nella battaglia del fiume Olivento, ai Normanni di Arduino (1041).
Nel 1133 Venosa fu saccheggiata e data alle fiamme da Ruggero II di Sicilia. Federico II di Svevia fece costruire, in città, un castello sul luogo dove, nel IX secolo, era stato eretto un fortilizio longobardo. Nel 1200 il castello in questione divenne un convento di frati agostiniani prima, salesiani e trinitari poi.
A Venosa nacque il futuro imperatore svevo Manfredi, figlio di Federico II e Bianca Lancia.
Dopo un avvicendarsi di signori feudali, la città fu concessa in feudo agli Orsini nel 1453 e, nel 1561, agli Aragonesi, che ne fecero un centro di attività culturali e artistiche. In questo periodo visse il principe Carlo Gesualdo, musicista tra i più insigni del suo tempo, ma anche piuttosto chiacchierato. Si diceva che si fosse rifugiato nel suo feudo dopo aver assassinato, a Napoli, sua moglie (nonchè cugina) Maria d'Avalos, che lo aveva tradito con il duca di Andria Fabrizio Carafa.
Tra i monumenti più importanti di Venosa vi è il complesso della Santissima Trinità, in cui è possibile ritrovare la stratificazione di diverse epoche: romana, longobarda e normanna. La struttura si compone di una chiesa antica e di una incompiuta (o nuova). Il complesso è riconosciuto monumento nazionale. Vi sono pareri discordanti sulla data della sua fondazione. L'abbazia, comprendente, un tempo, solo la chiesa antica, venne innalzata dai benedettini prima dell'arrivo dei Normanni. Il nucleo originario è costituito da una basilica paleocristiana (V-VI secolo d.C.) sorta su un precedente tempio pagano dedicato ad Imene. Nel 1059 la basilica venne consacrata da papa Niccolò II. Nello stesso anno Roberto il Guiscardo ne fece il sacrario degli Altavilla.
La chiesa antica conserva l'impianto paleocristiano, con una pianta basilicale romana, un'ampia navata centrale e l'abside di fondo. Vari sono stati gli interventi nel corso dei secoli, fino alla ricostruzione e al restauro in epoca longobarda e normanna. L'ingresso ostenta due sculture di leoni in pietra e quattro sporgenze. L'interno occupa una superficie di 1000 metri quadrati. La navata centrale è divisa in altre quattro costituite da grandi archi larghi 10,15 metri. Nella navata destra si trova la tomba degli Altavilla, in cui furono seppelliti Roberto il Guiscardo, Guglielmo "Braccio di Ferro", Umfredo, Drogone e Guglielmo d'Altavilla. I resti di costoro furono riunificati in un unico sarcofago nella metà del '400. Nella navata sinistra si trova la tomba di Alberada di Buonalbergo, moglie di Roberto il Guiscardo dal 1053, ripudiata a favore della principessa longobarda Sichelgaita di Salerno.
La chiesa incompiuta venne iniziata servendosi del materiale proveniente da monumenti romani, longobardi ed ebraici. Il suo progetto risale al XII secolo ed i lavori vennero sovvenzionati dai benedettini. L'andamento della costruzione, però, fu piuttosto lento a causa delle alterne fortune economiche dei frati. Nel 1297 papa Bonifacio VIII assegnò il complesso ecclesiale ai Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni in Gerusalemme (meglio conosciuti come Cavalieri di Malta), i quali preferirono insediarti all'interno di Venosa. La chiesa, dunque, non venne mai completata.

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