venerdì 20 aprile 2012

Giornata di studi su un raffinato reperto cristiano

Il vetro custodito nella chiesa di Ronchi (Emilia Romagna)
Nell'agosto 2011, durante un'intervento di manutenzione conservativa, fu ritrovato un fondo di coppa in vetro con figure in oro. Il prezioso reperto era chiuso in un reliquiario del XVII secolo, costituito da una bacheca in legno e vetro, custodito nella chiesa dei Ronchi, in località Bolognina di Crevalcore, in Emilia Romagna.
Il reliquiario conteneva resti di ossa umana ammassati alla rinfusa e mescolati con frammenti di tessuto e fiori finti. Sulla fronte del teschio contenuto nel reliquiario, era dipinto il cartiglio "Corpus Sanctae Deodatae", che attribuiva i resti ossei a santa Deodata, martire del IV secolo.
Il fondo della coppa è un testimonianza certamente importante sia dal punto di vista tecnico che da quello iconografico e storico. Il reperto è stato datato al IV secolo anche grazie all'iconografia dei santi rappresentati ed al tipo di iscrizione augurale, caratterizzata dalla formula "Bevi e vivi", in lingua greca latinizzata. Il reperto stesso si inquadra nella produzione del II-IV secolo d.C., diffusa soprattutto tra il III e il IV secolo, un periodo in cui la simbologia cristiana prevalse su tutte le altre.
Il manufatto, il fondo di coppa, era ottenuto racchiudendo tra due vetri una sottilissima foglia d'oro. Quest'ultima era incisa per rendere i contorni ed i particolari dei temi raffigurati. Coppe e bicchieri strutturati in questo modo erano conservati solo nella porzione inferiore e impiegati per nuove funzioni. A volte servivano a contraddistinguere le sepolture, tant'è vero che se ne sono ritrovati diversi murati nella calce all'esterno dei loculi delle catacombe romane.
Particolare del vetro in cui è visibile San Pietro
La rappresentazione del vetro dorato di Crevalcore occupa tutto il campo del medaglione (8,2 centimetri). Sono riconoscibili due figure maschili in tunica e  pallio, sedute su due subsellia, rivolte una verso l'altra, come spesso si vede nelle scene filosofiche proprie dell'iconografia pagana. A sinistra, con barba e fronte stempiata, appare Pietro, riconoscibile dall'accostamento con l'altro personaggio, identificato con chiarezza con Paulus dalla "s" finale del nome, una delle poche lettere rimasta ancora leggibile.
Entro la doppia cornice circolare che racchiude la scena è presente la scritta [DI]GNIT[AS AM]ICORUM PIE ZESES, che può tradursi con "Vanto degli amici, bevi e vivi", chiara allusione al refrigerium, il banchetto in onore dei defunti e dei martiri.
Di Deodata si hanno scarse e controverse notizie. Il nome è attestato nei primi secoli del cristianesimo e fonti agiografiche citano Deodata in associazione a Fanzio, suo presunto marito, ed a S. Fantino il Vecchio, figlio di entrambi. Ma, probabilmente, si tratta di invenzioni agiografiche: S. Fantino (detto il Vecchio o "il Taumaturgo") ha origini calabresi, di Tauriana, distrutta nel 951 da un'incursione saracena, dove visse tra il III ed il IV secolo d.C.. A Siracusa sono state scoperte delle catacombe vastissime in cui, in un arcosolio ornato di pitture, appare una lunga iscrizione che celebra una vergine di nome Deodata. Probabilmente, però, si tratta di un'anonima vergine siracusana che, tra l'altro, visse in epoca successiva alle persecuzioni cristiani. La tradizione agiografica segnala la presenza di un'altra Deodata, madre di tal Giovanni "Boccadoro" (Giovanni Crisostomo), padre e dottore della chiesa. In verità, però, il nome della madre del celebre dottore pare essere stato Antusa.
Alla preziosa reliquia è stata dedicata una giornata di studi, il 28 aprile prossimo, a Castello dei Ronchi, in località Bolognina di Crevalcore, in provincia di Bologna

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