domenica 2 settembre 2012

Atene e Sparta, eterne rivali (3)

Busto di Tucidite, autore de
"La Guerra del Peloponneso"
Quale fu la scintilla che provocò la guerra del Peloponneso? Secondo lo storico greco Tucidide la causa fu la convinzione degli Spartani e dei loro alleati che gli Ateniesi avessero infranto i patti stipulati all'indomani della guerra dei Trent'anni. La clausola principale era la garanzia che nessuno stato si sarebbe privato della sua autonomia, dunque sia Sparta che Atene potevano continuare a curare i propri interessi.
Gli Spartani, sottoposti alle pressioni dei loro alleati affinché operassero più efficacemente nel contenere l'espansionismo ateniese, nel 432 a.C. invitarono le parti ad esporre le ragioni del contendere dinnanzi all'Assemblea spartana. Tra gli stati più convinti della necessità di una nuova guerra vi era Corinto, che mal vedeva l'appoggio che Atene forniva a Corcyra (odierna Corfù), che da molto tempo desiderava liberarsi dell'influenza corinzia. Lo stato di tensione tra Corinto e Corcyra era sfociato, nel 433 a.C., in una battaglia navale dagli esiti ambigui anche se la flotta di Corinto non riuscì a prendere Corcyra. Quest'ultima possedeva la seconda flotta più importante della Grecia e la sua alleanza con Atene era guardata con notevole sospetto, poiché sottintendeva ad una probabile interferenza di quest'ultima negli affari di Corinto.
Un'altra lamentela che Corinto aveva da fare nei confronti di Atene, riguardava il comportamento ateniese nei confronti di Potidea. Questa città, situata sulla punta più occidentale della penisola calcidica, era stata fondata dai Corinzi ed ogni anno ospitava gli epidemiurghi, magistrati-ispettori provenienti da Corinto. Potidea era coinvolta nella Lega di Delo e la sua vicinanza alla Macedonia la rendevano strategicamente importante. Re di Macedonia, in quegli anni, era Perdicca, ex alleato di Atene, che stava sobillando le città calcidiche affinché si ribellassero. Queste città si erano riunite in una lega capeggiata dalla città di Olinto. Atene aveva intimato a Potidea di rimandare a casa i magistrati Corinzi e di smantellare le sue fortificazioni. Potidea aveva chiesto l'aiuto di Sparta e della Lega del Peloponneso ed avevano ottenuto la promessa che se Atene avesse attaccato Potidea, gli Spartani avrebbero invaso l'Attica.
Corinto, il tempio di Apollo
Poiché da Potidea gli Ateniesi ricavano notevoli contributi, Atene assediò la città che si avvalse, allora, del supporto di Corinto e di mercenari del Peloponneso. Per questo Corinto lamentava che Atene stava violando i patti successivi alla guerra dei Trent'anni e spingeva Sparta ad invadere l'Attica.
Anche la città di Megara aveva di che lamentarsi nei confronti di Atene, che l'aveva esclusa dai suoi porti e dai suoi mercati con un decreto dell'Assemblea. L'intento che Atene si proponeva era quello di spingere i Megaresi a rompere la loro alleanza con Sparta. Alle proteste dei Megaresi si aggiunsero quelle degli abitanti dell'isola di Egina che si sentivano minacciati dall'invadenza di Atene, del cui impero facevano parte dal 458 a.C.. Egina era una base ideale per condurre attacchi navali contro Atene e di questo gli Ateniesi erano ben consapevoli. Nel 432 a.C. era stato installato un presidio ateniese sull'isola. Nel contempo erano stati ridotti i tributi che gli abitanti dovevano versare ad Atene ma l'autonomia dell'isola era ancora molto lontana e questo andava contro i patti successivi alla guerra dei Trent'anni.
Egina, tempio di Afaia
Dopo aver ascoltato le lamentele delle varie città e le argomentazioni ateniesi, gli Spartani allontanarono, dal luogo dell'Assemblea, tutti eccetto degli spartiati. Gli Spartani erano molto irritati dall'atteggiamento ateniese ed i loro alleati li avevano convinti della malafede di Atene. La dichiarazione di guerra a quest'ultima, pertanto, fu quasi naturale.
Uno dei re di Sparta, Archidamo, si mostrò assai prudente nel dichiarare guerra ad Atene, il cui impero era molto esteso e che avrebbe, proprio per questo, potuto sostenere anche un lungo conflitto. Archidamo consigliò, pertanto, di inviare delle missioni diplomatiche per negoziare accordi e, nel contempo, reclutare nuovi alleati e risorse per prepararsi alla guerra. L'eforo Stenelaida, invece, manifestò apertamente la sua avversione per la prepotenza ateniese, considerandola un oltraggio inaccettabile. Messa ai voti la questione, non si riuscì a stabilire se fossero più alte le grida per chi era favorevole o per chi era contrario all'entrata in guerra. Stenalaida chiese, pertanto, agli Spartani di dividersi in due gruppi e fu a questo punto che si ebbe certezza che la maggioranza era favorevole ad una guerra immediata contro Atene.
Archidamo di Sparta
Gli Spartani inviarono i loro emissari ad Atene per cercare una soluzione. Fu sollevata, in questo contesto, la questione dell'autonomia di Egina e Potidea anche se il punto sul quale si discusse più animatamente fu il decreto di Megara, che gli Ateniesi si rifiutarono di rescindere. Un ambasciatore di Sparta, allora, consegnò l'ultimatum.
L'Assemblea ateniese venne rapidamente riunita. Pericle era del parere che accondiscendere alle richieste spartane avrebbe significato indurre Sparta ad avanzarne altre. Incitò, pertanto, gli Ateniesi a replicare agli Spartani di non interferire negli affari interni dei proprio alleati e propose di sottoporre il problema dell'infrazione della pace dei Trent'anni ad arbitrati. A questo punto gli Spartani abbandonarono l'Assemblea. Fu questo l'inizio delle ostilità.

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