venerdì 18 gennaio 2013

Trovato uno scheletro intatto a Selinunte

Lo scheletro integro di un ragazzo vissuto nel V secolo a.C., è stato ritrovato nel novembre scorso durante gli scavi nei terreni della necropoli della collina di Manicalunga Timpone Nero, nel comune di Castelvetrano, in provincia di Trapani, ad ovest dei santuari extraurbani di Contrada Gaggera (Demetra Malophoros, Zeus Meilichios, Hera Matronale).
Forse il giovane defunto si chiamava Mosko, gli archeologi lo hanno dedotto dalla scritta ritrovata incisa su una tazza in argilla e vernice nera che si trovava accanto allo scheletro. Successivi esami sullo scheletro hanno accertato che l'individuo ritrovato era di sesso maschile e dell'età di circa dodici/quindici anni, deceduto per cause naturali.
Numerose sono le tombe che si trovano nella necropoli. Gli archeologi hanno ritrovato molti resti umani da quando hanno iniziato a scavare, nel novembre del 2012, molti dei quali sono in fase di studio.
La necropoli di Manicalunga Timpone Nero è immensa ed era la necropoli dell'antica Selinunte. Solo negli anni '60 sono state ritrovate 5000 sepolture. Le necropoli dell'antica città erano tutte ubicate fuori le mura, tranne una piccola necropoli ad incinerazione, sorta sulle pendici sudorientali di Manuzza, che si riferisce ai primordi della vita della colonia magnogreca. Da una delle necropoli proviene l'Efebo di Selinunte, una statua bronzea scoperta casualmente nel 1882, acquistata dal comune di Castelvetrana, trafugata nel 1962 e poi recuperata, ora esposta nel Museo Civico di Castelvetrano.
Uno dei vasi ritrovati nella necropoli di Manicalunga Timpone Nero 
La necropoli di Manicalunga Timpone Nero fu scoperta nel 1871 dall'archeologo Cavallari. Custodisce sepolture del VI-V secolo a.C. ed è la più estesa e la più ricca delle necropoli selinuntine. Nella necropoli convivono sepolture con rito dell'inumazione con quelle che contengono solo ceneri alloggiate in pithoi o anfore, di tipologia e forme differenti. Gli inumati, invece, giacciono in sarcofagi di terracotta o formati da piccoli blocchi di tufo, oppure in vere e proprie camere con tetto spiovente (a cappuccina), dotate di ingresso e che potevano ospitare più sarcofagi. Alcune sepolture, poi, inglobano tombe dell'Età del Bronzo, appartenute ad un villaggio precedente.
Gli scavi di questa enorme necropoli furono ripresi negli anni '60 da Vincenzo Tusa, al fine di porre freno agli scavi clandestini.
Il termine timpone è riferito all'uso contadino, derivante da un tumulo la cui destinazione a cimitero era ben nota agli agricoltori sin dall'antichità. L'appellativo nero attribuito al timpone forse è riferibile al fatto che il luogo era votato al dolore, alla sepoltura dei defunti, ai riti connessi con il mondo sotterraneo di Ade.

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