sabato 15 febbraio 2014

Le antiche suggestioni di Delfi

Il Tempio di Apollo a Delfi (Foto: Wikipedia)
Delfi è sicuramente uno dei siti archeologici più evocativi dell'antichità, sede di un famosissimo oracolo consultato dai Greci ma anche dai Romani, la cui fama è giunta fino ad oggi.
Il sito fu scelto dallo stesso dio Apollo, ai piedi del Parnaso, la dimora delle Muse, presso la famosa fonte Castalia, dalle acque purissime. Qui, secondo i Greci, si trovava l'ombelico del mondo, individuato dall'incontro di due aquile inviate da Zeus dai confini dell'universo. Segno visibile dell'ombelico (omphalos) era una pietra ogivale cava, custodita con un fuoco sacro che mai si estingueva nel tempio di Apollo. Un mito successivo voleva che l'omphalos fosse il masso che Rea fece inghiottire a Crono facendogli credere che fosse suo figlio Zeus.
Nel santuario sacro ad Apollo viveva ed operava una sacerdotessa di nome Pizia (o Pitonessa), che pronunciava i suoi oracoli nel nome del dio. Sono state identificate tracce del culto risalenti ad epoca micenea, nel II millennio a.C.. L'oracolo, con i suoi responsi, fu perno della politica greca: tra il VII e il VI secolo a.C. favorì l'espansione coloniale ellenica nel Mediterraneo.
Tempio di Athena a Delfi (Foto: Wikipedia)
Gli oracoli rilasciati dalla Pizia erano volutamente ambigui, ma avevano una tale influenza che gli aristocratici greci avevano creato l'Anfizionia di Delfi per regolarne l'uso. L'Anfizionia era formata da dodici tribù elleniche, garanti della neutralità degli esiti oracolari. In onore dell'Apollo di Delfi furono istituiti i Giochi Pitici, competizioni artistiche con danze, gare atletiche e corse di quadrighe che si svolgevano in uno stadio apposito visibile ancora oggi sul posto.
L'oracolo di Delfi perdette parte della sua importanza con le guerre persiane, quando il culto di Apollo venne "dirottato" sull'isola di Delo. Il culto, però, continuò ininterrottamente per quasi duemila anni fino ai decreti emanati da Teodosio (391-392 d.C.), che dichiararono il cristianesimo religione ufficiale dell'impero.
Nella "Passione di Artemio", opera agiografica medioevale di Giovanni il Monaco, Giuliano l'Apostata, persecutore di Artemio, avrebbe mandato il suo medico personale Oribasio (320-400 d.C.) a consultare la Sibilla delfica. Il santuario, dunque, conservava ancora l'opulenza originaria, fatta dei tanti sacelli e tempietti voluti dai beneficiati dall'oracolo, che custodivano tesori di statue ed altre offerte.
Nel V secolo a.C. il tempio di Apollo venne distrutto da un incendio e venne ricostruito grazie ai contributi dei Greci ed a quelli del faraone egizio Amasi. Da questo momento venne chiamato tempio degli Alcmeonidi, dal nome della famiglia che ebbe un ruolo fondamentale nella sua ricostruzione. Un'altra distruzione vide protagonista il tempio nel 373 a.C., a causa di un terremoto. Dell'edificio oggi sono visibili i resti del prònaos, del naòs e dell'opisthòdomos.
L'antico teatro di Delfi (Foto: Wikipedia)
Silla, nell'86 a.C., fu tra coloro che ne saccheggiarono i tesori e Nerone portò a Roma ben 500 statue in bronzo provenienti da Delfi. Nonostante questo, i tesori di Delfi, nel II secolo d.C., apparvero a Pausania straordinari.
Ma come fu scoperto il luogo preciso in cui costruire questo famoso luogo oracolare? Diodoro Siculo racconta che un pastore di nome Kouretas, attirato dai belati di una sua capra, scoprì l'accesso ad un antro sotterraneo, nel quale si addentrò venendo subito stordito dalla presenza divina che gli indusse visioni del passato e del futuro. Fu subito chiaro che gli individui e gli animali di sesso maschile morivano non appena penetravano nella grotta, per cui l'accesso venne riservato alle ragazze di giovane età. Il santuario fu gestito con regole estremamente rigide da un gruppo di sacerdoti.
Particolare della statua dell'Auriga di Delfi
I miti più antichi riguardanti Delfi fanno menzione di una drakaina, una dragonessa, che faceva la guardia all'oracolo. Il suo nome era Delfina e sembra sia sopravvissuto nel nome della località. Successivamente, nella mitologia, la drakaina venne confusa con Echidna, il mostro serpentiforme ed a lei si sovrappose l'immagine del Pitone (Python), guardiano del tempio di Gea, la Grande Madre. Forse questo primitivo santuario sorgeva dove oggi è visibile la fonte Castalia. Secondo alcuni studiosi il termine Pitone trae origine dalla radice del verbo greco pythein, "corrompere, far imputridire". Pitone, simbolo delle forze oscure avversarie della luce, venne sconfitto dall'arco e dalle frecce di Apollo, che simboleggiavano i raggi del sole. Alla morte del mostro, Apollo venne appellato Pizio e rifondò l'oracolo legandolo alle nuove generazioni divine di natura patriarcale.
Le più antiche statuette ritrovate a Delfi risalgono all'XI-X secolo a.C. e celebrano non Apollo, ma un'arcaica divinità femminile.
La Pizia, sacerdotessa di Apollo, fu rappresentata dagli antichi ceramografi seduta in un braciere di bronzo, dove si inebriava aspirando i vapori di sostanze psicotrope emanate dalle braci. Alcuni studiosi ritengono che i vapori erano emanati dalle foglie di alloro bruciate. L'alloro, infatti, era sacro ad Apollo ed inoltre la tradizione popolare vuole che le sue foglie abbiano proprietà allucinogene.
Ricostruzione del sito di Delfi  del Prof. Franco Pisano
Il ruolo di Pizia poteva essere svolto contemporaneamente da tre fanciulle, le quali dovevano osservare i voti di castità e purezza assolute. Diodoro Siculo (II secolo d.C.) racconta che Echecrate di Tessaglia, generale di Tolomeo IV Filopatore (III secolo a.C.) rapì e violentò la Pizia. A causa di questo episodio vennero, in seguito, scelte donne anziane.
In antico la profetessa dava i suoi vaticini solamente un giorno l'anno. Successivamente vaticinava nel settimo giorno di ogni mese ma per soli nove mesi all'anno. Chi voleva interrogare la Pizia doveva innanzitutto purificarsi bagnandosi nella fonte Castalia e poi fare un'offerta adeguata all'oracolo. Poi doveva mettersi in fila per accedere alla stanza del vaticinio. L'offerta, una vera e propria tassa, si differenziava a seconda che il consulto richiesto attenesse alla sfera privata o alla sfera pubblica.
I sacerdoti più importanti di Delfi, che erano due e che venivano nominati a vita, aspergevano, poi, una capra con l'acqua della fonte Castalia. Dai brividi che scuotevano l'animale venivano tratti i primi auspici sulla divinazione. La capra veniva poi uccisa e le sue viscere erano lavate nell'acqua della fonte. Degli aruspici scrutavano le viscere per darne il responso al richiedente. Se il responso era positivo, quest'ultimo era ammesso nell'adyton, la camera sotterranea segreta del tempio di Apollo. La tradizione vuole che quest'antro fosse una cavità naturale della roccia che, in passato, aveva ospitato culti antichissimi. Era in quest'antro che la Pizia dava i suoi vaticini, spesso poco chiari per cui dovevano intervenire dei sacerdoti specializzati. Ai due sacerdoti più importanti dell'oracolo di Apollo se ne aggiungevano altri cinque, nominati a vita anch'essi, che controllavano il rispetto dei riti: gli hòsioi. I prophétes, invece, assistevano la Pizia. Gli oracoli della Pizia erano così importanti da influenzare le scelte di sovrani e potenti famiglie aristocratiche.
Delfi, il Tesoro degli Ateniesi (Foto: Wikipedia)
Il pellegrinaggio a Delfi era considerato uno dei momenti più importanti nella vita religiosa sia greca che romana. Il pellegrino ascendeva al santuario attraverso un percorso montano alle pendici del monte Parnaso. Il percorso terminava solitamente al tramontare del giorno, di fronte al panorama del Golfo di Corinto.
Plutarco, che dal 95 d.C. fino al 125 d.C., anno della sua morte, servì quale sacerdote al tempio di Delfi, scrive che la Pizia si rinchiudeva in un antro dove dei "dolci vapori" fuoriuscivano dalle pareti per procurarle quelle che lo storico chiama "dolci visioni". Nel 2000 alcuni geologi italiani scoprirono che il tempio di Delfi sorge su una pericolosa faglia sismica e proposero che i sismi che si erano susseguiti nell'antichità avevano fatto in modo che emissioni carboniose e solforose venissero sprigionate dalla terra. Erano questi i "dolci vapori" che provocavano lo stato estatico della Pizia?
Negli anni seguenti geologi, archeologi ed esperti di tossicologia analizzarono l'acqua della fonte Castalia, rintracciando in essa metano ed etilene. Questi gas furono considerati i responsabili dei fumi che permettevano alla Pizia di profetare. Ma questa teoria venne presto smentita.
Museo di Delfi, testa di Apollo con trecce d'oro
Il sito di Delfi come oggi si può visitare è stato molto alterato dalle ricostruzioni di età romana. Qui hanno scavato, nell'Ottocento, gli archeologi della Scuola Archeologica Francese, che hanno spostato l'intero villaggio di Kastri, che sorgeva proprio sull'area archeologica. Nel 1939 gli archeologi fecero delle scoperte insperate: sotto le pietre della Via Sacra, davanti al Portico degli Ateniesi, ritrovarono due fosse riempite di materiali preziosi (oro, argento, avorio e bronzo), databili ad un periodo compreso tra l'VIII e il V secolo a.C.. Tra questi reperti vi erano i frammenti di una statua crisoelefantina, pezzi d'argento di un toro di grandi dimensioni, pezzi d'avorio lavorati a rilievo, spade e vasi. I reperti erano stati deposti con molta cura, forse nell'intenzione di proteggerli dai saccheggi del V secolo a.C., epoca in cui il tempio subì una delle sue numerose distruzioni.
Fra i reperti sicuramente più importanti vi è la statua bronzea dell'Auriga di Delfi, unica statua bronzea rinvenuta integra. Venne scoperta nel 1896 e ritrae un auriga in altezza naturale. Probabilmente guidava una quadriga, della quale sono stati trovati frammenti bronzei dei cavalli. Forse era inserito in un contesto raffigurante una sfilata. E' stato datato ad un periodo compreso tra l'epoca arcaica e quella classica (480-460 a.C.).
Sul lato occidentale del tempio di Apollo, percorrendo la Via Sacra, si accede al teatro (IV-III secolo a.C.) che permette di avere una splendida vista su tutta l'area sacra. Accanto al teatro si trova lo stadio, sede dei Giochi Pitici, che poteva accogliere fino a 5000 spettatori ed è uno dei monumenti meglio conservati della città.
Dinanzi al tempio di Apollo era posta una colonna in bronzo formata di serpenti, dono votivo, in cima alla quale vi era un tripode dorato che doveva ricordare la battaglia di Platea del 479 a.C.. Sempre qui intorno vi era il cosiddetto altare di Apollo rivestito di marmo policromo, donato dagli abitanti di Chio nel V secolo a.C.

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