venerdì 28 aprile 2017

La straordinaria villa romana di Positano

Uno degli affreschi della villa romana di Positano
(Foto: Beacon)
Positano, per la sua bellezza e la sua posizione geografica, divenne un luogo di villeggiatura privilegiato già nei tempi antichi. I Romani vi edificarono una sfarzosa villa d'ozio che si inserì nel novero delle abitazioni che i ricchi cittadini dell'Urbe avevano cominciato ad edificare nel II secolo a.C. lungo tutta la costa campana.
Di queste ville restano, purtroppo, scarse testimonianze nella zona flegrea, in quella vesuviana e lungo la costa sorrentina. Per questo il ritrovamento, a Positano, di una di queste dimore di lusso costituisce una notizia clamorosa. Questa villa era, in realtà, nota già dalla metà del '700, nel periodo delle grandi scoperte archeologiche ad Ercolano (1738), Pompei (1748) e Stabiae (1749).
Nel 1758 un ingegnere svizzero, Karl Weber, addetto agli scavi borbonici, riferisce del ritrovamento, al lato di una chiesa di fronte alla spiaggia, dei resti di un antico edificio con i pavimenti in mosaico bianco, di una serie di stanze dipinte, di colonne in stucco rosso e di un giardino con vasca. Altri resti della villa emersero nel corso del tempo in più punti della cittadina, tanto che in molti pensarono ad una residenza imponente, realizzata su più piani degradanti fino alla spiaggia. Lo studioso Matteo Della Corte (1875-1962) avanzò l'ipotesi che la denominazione stessa di Positano derivasse dal proprietario della villa, Posides Claudi Caesari, liberto dell'imperatore Claudio.
Amorini in stucco dalla villa romana di Positano
(Foto: L'Espresso - Repubblica)
Ma le scoperte più eclatanti si sono avute durante gli scavi del 2003-2004, sotto la cripta della chiesa di Santa Maria Assunta, utilizzata per secoli come un cimitero, dove è stata posta in evidenza una straordinaria sequenza stratigrafica che dal '700 arriva al medioevo e all'età romana. Venne riportato alla luce parte di un ambiente riccamente decorato sepolto dall'eruzione del 79 d.C.. Gli scavi, però, furono ripresi solo nel 2015-2016, a causa di problemi di natura economica, sotto la supervisione della Soprintendenza. Gli archeologi responsabili dello scavo, Luciana Jacobelli e Riccardo Iaccarino, hanno scoperto quello che pare essere un lussuoso triclinium, del quale sono state riportate alla luce le pareti nord ed est, mentre la parete ovest risulta crollata. Un paziente lavoro di ricomposizione sta impegnando attualmente gli studiosi.
Gli affreschi presentano una notevole qualità ed originalità. La tecnica è quella che veniva solitamente utilizzata negli ambienti termali: stucco e pittura insieme. Una tecnica rara nella pittura parietale delle domus. L'uso abbondante dello stucco, la scelta di colori accesi e costosi come l'azzurro e il tema delle raffigurazioni, fanno pensare che il proprietario desiderasse ottenere un effetto scenografico a beneficio degli ospiti.
Un particolare di un amorino in stucco
(Foto: Positano News)
L'affresco, che si articola in più pannelli, è pieno di figure: animali (cigni, cavallucci, capre, pavoni), tappeti gialli e rossi, tralci di vite, quadretti marini, inseriti tutti in un'architettura fantastica. Compare anche l'immagine di una divinità, forse Dioniso. La particolare abilità nella resa pittorica degli elementi risalirebbe, secondo alcuni studiosi, a botteghe non locali ma itineranti. Si trattava, forse, di maestranze sicuramente di alta qualità provenienti da diverse zone dell'impero.
A sottolineare la ricchezza del padrone di casa c'è anche una cassaforte. Si tratta di un vero e proprio armadio blindato, tre lati in legno rivestiti internamente di ferro e uno sportello pure di ferro, chiuso da una lunga sbarra metallica. Gli archeologi ne stanno recuperando con estrema cura il contenuto. Finora sono stati identificati sei oggetti in bronzo (brocche, tazze, situle per simposi). I resti ammaccati del forziere si trovano in un cumulo di detriti vulcanici, grandi pezzi di intonaco dipinto, altri oggetti in bronzo.

Fonti:
Liberamente adattato da "Archeologia Viva", maggio/giugno 2017 e L'Espresso on line

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