Restauratori all'opera nei Musei Vaticani (Foto: Ansa) |
Dal restauro in corso della Sala di Costantino dei Musei Vaticani è arrivata la conferma tanto attesa: le figure femminili allegorie delle virtù dell'Amicizia e della Giustizia sono opera di Raffaello.
Grazie all'opera dei restauratori dei Musei Vaticani, coordinati da Maria Ludmilla Pustka, restauratore capo del laboratorio di restauro dipinti dei Musei Vaticani, lo storico dell'arte Arnold Nesselrath, delegato per l'area tecnico scientifica dei Musei Vaticani e direttore del Reparto per l'arte dei secoli XV e XVI, ha avuto conferma di quanto scritto sulle fonti dell'epoca.
Poco prima di morire improvvisamente per febbri malariche, quindi tra il 1519 e il 1520, il maestro Raffaello Sanzio, che ha progettato e disegnato la decorazione della sala destinata a banchetti, nomine di cardinali e ricevimenti di ambasciatori e autorità politiche, ha realizzato di sua mano, due delle figure della sala poi completata dagli allievi, tra i quali spiccano Giulio Romano e Giovan Francesco Penni.
Il restauratore Fabio Piacentini, all'opera dal marzo del 2015 nella Sala di Costantino, spiega ai microfoni di Vatican Magazine che "analizzando proprio il dipinto de visu ci siamo accorti che ormai è certo l'intervento del Maestro, del grande Raffaello. Ci troviamo davanti ad un dipinto eseguito ad olio su muro, che è una tecnica veramente particolare. Effettuate le prime prove di pulitura e togliendo tutte le sostanze sovrapposte nel corso dei secoli durante i restauri più antichi, emerge la preziosità del dipinto e il tratto pittorico del maestro. La tecnica adottata è quella che Raffaello aveva messo a punto per la decorazione dell'intera sala. Sul muro applica uno strato sufficientemente spesso di una resina naturale nota anche come pece greca, e su quello poi ha dipinto come se fosse un dipinto su tela, o ancor meglio su tavola".
Conferma il professor Arnold Nesselrath delegato per l'area tecnico-scientifica dei Musei Vaticani: "Si sapeva, dalle fonti cinquecentesche, che Raffaello aveva dipinto ancora due figure in questa sala. Sapevamo che prima di morire aveva ancora fatto due prove della tecnica ad olio in questa sala. Queste due figure sono in effetti dipinte ad olio, come dicono le fonti, e sono di una qualità molto superiore a quello che sta attorno. Raffaello era un grande avventuroso nella pittura, provava sempre qualcosa di diverso. Quando aveva capito come funzionava una cosa, provava la prossima sfida. E così, quando arriva nella sala più grande dell'appartamento pontificio, decide di dipingere questa sala ad olio. E' riuscito a dipingere solo due figure e gli allievi poi hanno continuato nel metodo tradizionale e hanno lasciato solo queste due figure autografe del maestro".
Grazie all'opera dei restauratori dei Musei Vaticani, coordinati da Maria Ludmilla Pustka, restauratore capo del laboratorio di restauro dipinti dei Musei Vaticani, lo storico dell'arte Arnold Nesselrath, delegato per l'area tecnico scientifica dei Musei Vaticani e direttore del Reparto per l'arte dei secoli XV e XVI, ha avuto conferma di quanto scritto sulle fonti dell'epoca.
Poco prima di morire improvvisamente per febbri malariche, quindi tra il 1519 e il 1520, il maestro Raffaello Sanzio, che ha progettato e disegnato la decorazione della sala destinata a banchetti, nomine di cardinali e ricevimenti di ambasciatori e autorità politiche, ha realizzato di sua mano, due delle figure della sala poi completata dagli allievi, tra i quali spiccano Giulio Romano e Giovan Francesco Penni.
Il restauratore Fabio Piacentini, all'opera dal marzo del 2015 nella Sala di Costantino, spiega ai microfoni di Vatican Magazine che "analizzando proprio il dipinto de visu ci siamo accorti che ormai è certo l'intervento del Maestro, del grande Raffaello. Ci troviamo davanti ad un dipinto eseguito ad olio su muro, che è una tecnica veramente particolare. Effettuate le prime prove di pulitura e togliendo tutte le sostanze sovrapposte nel corso dei secoli durante i restauri più antichi, emerge la preziosità del dipinto e il tratto pittorico del maestro. La tecnica adottata è quella che Raffaello aveva messo a punto per la decorazione dell'intera sala. Sul muro applica uno strato sufficientemente spesso di una resina naturale nota anche come pece greca, e su quello poi ha dipinto come se fosse un dipinto su tela, o ancor meglio su tavola".
Conferma il professor Arnold Nesselrath delegato per l'area tecnico-scientifica dei Musei Vaticani: "Si sapeva, dalle fonti cinquecentesche, che Raffaello aveva dipinto ancora due figure in questa sala. Sapevamo che prima di morire aveva ancora fatto due prove della tecnica ad olio in questa sala. Queste due figure sono in effetti dipinte ad olio, come dicono le fonti, e sono di una qualità molto superiore a quello che sta attorno. Raffaello era un grande avventuroso nella pittura, provava sempre qualcosa di diverso. Quando aveva capito come funzionava una cosa, provava la prossima sfida. E così, quando arriva nella sala più grande dell'appartamento pontificio, decide di dipingere questa sala ad olio. E' riuscito a dipingere solo due figure e gli allievi poi hanno continuato nel metodo tradizionale e hanno lasciato solo queste due figure autografe del maestro".
Fonte:
lastampa.it
lastampa.it
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