giovedì 5 dicembre 2019

Roma, il viaggio delle tavole di quercia...

Roma, una delle assi di quercia trovate negli scavi della Metro C
(Foto: Repubblica)
Gli alberi furono abbattuti nel 40 d.C. in una regione compresa tra il Massiccio del Giura e l'Alta valle del Reno, nel nordest della Francia, a 1700 chilometri dalla capitale dell'impero, dove allora imperversava Caligola. I tronchi furono tagliati a poca distanza dal bosco, poi iniziarono il loro lungo viaggio verso Roma.
"Un'organizzazione incredibile per l'epoca, che solo i Romani potevano prodisporre", commenta Mauro Bernabei, ricercatore del Cnr presso l'Istituto di bioeconomia. "E' probabile che le tavole furono trasferite verso sud sfruttando le correnti del fiume Saona, poi quelle del Rodano fino alla sua foce, un centinaio di chilometri a ovest di Marsiglia. Da lì via mare attraverso il Mediterraneo fino al Tevere e quindi nel cuore di Roma". Per la precisione: via Sannio, a poche centinaia di metri dalla basilica di San Giovanni in Laterano. Perché è qui che, quasi 2000 anni dopo il loro lungo viaggio, sono state rinvenute le 24 tavole di quercia.
Roma, gli scavi della metro C da cui sono emerse
le travi di quercia (Fonte: Repubblica)
Il ritrovamento risale alla campagna di scavi realizzata a Roma tra il 2014 e il 2016 in occasione dei lavori per la realizzazione della Metro C. "I colleghi archeologi scoprirono del legno conservato in modo straordinario", ricorda Bernabei. "In genere questo materiale si deteriora facilmente, a meno che non si venga a trovare in un ambiente estremamente asciutto, o, all'opposto, in uno estremamente umido. Sotto via Sannio la falda acquifera è molto alta e le tavole sono rimaste a mollo nel fango per tutti questi secoli". Ma per cosa erano state usate? "Come casseformi dentro cui gettare le fondamenta di un portico, all'interno di una villa molto ricca, a giudicare dalle decorazioni rinvenute", risponde Bernabei che di professione fa il dendrocronologo, cioè studia gli anelli di accrescimento degli alberi, ricavandone informazioni sull'età della pianta, sull'epoca in cui è vissuta e persino sulla regione di provenienza.
"Per questo siamo stati coinvolti nello studio delle 24 tavole trovate sotto via Sannio", conferma Bernabei. "Dallo studio al microscopio delle fibre si è subito compreso che si trattava di legno di quercia. Restava da capire la sua provenienza". E qui entrano in gioco gli anelli. Sin da bambini ci viene insegnato che dal loro numero si può risalire all'età dell'albero. "In alcune tavole abbiamo contato più di 250 anelli, segno che il bosco da cui provenivano era ultracentenario", chiosa Bernabei. Ma non tutti sanno che la forma degli anelli svela l'epoca in cui è vissuto l'albero (con la precisione di un anno, mentre la datazione al carbonio ha una incertezza di 100 anni) e la sua provenienza geografica. "La forma di ogni singolo anello di accrescimento dipende dalle condizioni ambientali in cui si trova l'albero: un anno di siccità darà origine ad un anello striminzito, completamente diverso dall'accrescimento di un anno molto piovoso". E in una stessa area geografica le piante di una stessa specie (in questo caso le querce) avranno una sequenza di anelli molto simile, perché cresciute tutte nelle medesime condizioni.
Gli scienziati sono in grado, in questo modo, di realizzare vere e proprie mappe dendrocronologhiche che caratterizzano le diverse zone del pianeta. "Abbiamo provato a confrontare la sequenza di anelli di accrescimento delle 24 tavole con il database relativo all'Appennino, ma non abbiamo trovato alcuna coincidenza", racconta Bernabei. "Allora abbiamo provato con il database della Germania: c'era qualche elemento in comune, ma non abbastanza. Poi abbiamo cercato tra i dati francesi e lì c'è stata la sorpresa: la sequenza di anelli di accrescimento coincideva con quelle delle querce cresciute nel primo secolo dopo Cristo tra il Massiccio del Giura e l'Alta valle del Reno".
Bernabei spiega che i Romani avevano una straordinaria capacità logistica e di trasporto, che però non applicavano solo ai prodotti di pregio (dai grandi felini utilizzati come attrazione nel Colosseo ai marmi pregiati per le ville degli imperatori) ma anche a materiale edile ordinario. E al legno in particolare. "Non siamo di fronte a materiale pregiato come l'ebano o il cedro per i quali si potrebbe giustificare un trasporto eccezionale", conferma Bernabei. "Sono tavole di quercia lunghe 3 metri e 80, come quelle che si trovano oggi da Brico, utilizzate per le fondamenta. Materiale ordinario, insomma. Eppure le fecero arrivare dai confini dell'Impero organizzandone il trasporto per 1700 chilometri, su tre fiumi e un mare. Segno che per loro era la norma".

Fonte:
Repubblica

2 commenti:

Unknown ha detto...

Ma perchè farle arrivare da cosí lontano?

Em Hotep ha detto...

Credo che, probabilmente, le foreste ed i boschi del nord Europa potevano ancora essere sfruttati. I Romani avevano già "dato fondo" a diverse realtà boschive in Italia, sia per alimentare le terme che per costruire navi o per suppellettili varie... Beninteso, è una mia ipotesi. Comunque è uno spunto sul quale "lavorare", indubbiamente! Grazie!

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