giovedì 23 gennaio 2020

Ercolano, il cervello del custode del Collegio degli Augustali

Ercolano, i resti del custode del Collegio degli Augustali
(Foto: ilmessaggero.it)
Ercolano, trovato il cervello di una vittima dell'eruzione del 79 d.C. La scoperta è opera di un team di antropologi e ricercatori guidati da Pier Paolo Petrone, antropologo forense e direttore del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense, Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate presso l'Università di Napoli Federico II, che da anni studia gli effetti delle eruzioni del Vesuvio sul territorio campano e le popolazioni che lo hanno abitato nel passato.
Il materiale cerebrale appartiene ad uno scheletro che si trova ancora oggi in uno degli ambienti di servizio del Collegio degli Augustali. Allo studio ha preso parte anche il Direttore del Parco Francesco Sirano, insieme a ricercatori della Federico II, del Ceinge e dell'Università di Cambridge.
L'eruzione che nel 79 d.C. colpì Ercolano con cenere bollente e Pompei uccidendo all'istante tutti i suoi abitanti, in poche ore seppellì l'intera area vesuviana fino a 20 chilometri di distanza dal vulcano. Negli anni '60, durante gli scavi condotti dall'allora Soprintendente Amedeo Maiuri, nella cenere vulcanica furono rinvenuti un letto ligneo e i resti carbonizzati di un uomo, che gli archeologi ritengono fosse il custode del Collegio consacrato al culto di Augusto.
Nell'ambito di una decennale collaborazione scientifica con Francesco Sirano, recenti indagini sul campo, condotte da Pier Paolo Petrone, hanno portato alla scoperta nel cranio della vittima di materiale vetroso, nel quale sono state identificate diverse proteine ed acidi grassi presenti nei tessuti cerebrali e nei capelli umani. L'ipotesi degli studiosi è che l'elevato calore sia stato letteralmente in grado di bruciare il grasso e i tessuti corporei della vittima, causando la vetrificazione del cervello. La conservazione di tessuto cerebrale è un evento estremamente raro in archeologia, ma è la prima volta in assoluto che vengono scoperti resti umani di cervello vetrificati per effetto del calore prodotto da un'eruzione.
Le fragili scaglie rimaste dal cranio esploso sono resti incoerenti di quello che due millenni fa era un essere umano pensante. Forse sognava, nel suo letto, quando il cataclisma lo ha avvolto. Ma il processo fisico di vetrificazione è un indizio che ha registrato in qualche modo ciò che è avvenuto in quei momenti. Le prove di questa dinamica sono state trovate anche nel legno carbonizzato dello stesso Collegio: "Questo suggerisce che l'estremo calore radiante sia stato in grado di incendiare il grasso corporeo e vaporizzare i tessuti molli", affermano gli studiosi dell'Università di Napoli Federico II.

Fonti:
ilmattino.it
ilmessaggero.it

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