mercoledì 3 marzo 2021

Egitto, i misteri dell'imbalsamazione cominciano a svelarsi...

Sulla base della recente scoperta di un papiro medico di 3500 anni fa, contenente una sorta di manuale, l'egittologo dell'Università di Copenaghen Sofie Schiodt è stata in grado di ricostruire il processo di imbalsamazione utilizzato per preparare gli antichi egizi per l'aldilà. Si tratta del più antico manuale mai scoperto finora.
Nell'antico Egitto l'imbalsamazione era ritenuta un'arte sacra e la conoscenza del processo di mummificazione era appannaggio di pochissimi individui. La maggior parte dei "segreti del mestiere" sono stati probabilmente trasmessi oralmente, a quando pensano gli egittologi, pertanto le testimonianze scritte sono molto scarse. Fino a poco tempo fa erano stati identificati solo due testi sull'arte della mummificazione.
Gli egittologi, quindi, si sono sorpresi nel trovare un breve manuale sull'imbalsamazione in un testo medico che si occupa principalmente di erboristeria e gonfiori della pelle. Le descrizioni rinvenute sul papiro sono estremamente dettagliate. Si tratta di una sorta di promemoria e, pertanto, i lettori dovevano essere stati degli specialisti che potevano utilizzare il testo per richiamare alla memoria le nozioni possedute.
Tra le notizie più importanti fornite dal papiro vi è la procedura per imbalsamare il volto del defunto. Il composto era costituito in gran parte da sostanze aromatiche a base vegetale e leganti, che venivano cotte in un liquido con il quale gli imbalsamatori imbevevano un pezzo di lino rosso. Quest'ultimo veniva poi applicato sul volto del defunto e lo fasciava come un bozzolo protettivo di materia profumata ed antibatterica. Questo processo veniva ripetuto ad intervalli di quattro giorni.
Proprio questo intervallo di quattro giorni è la caratteristica principale descritta nel papiro Louvre-Carlsberg. Negli intervalli di quattro giorni, il corpo del defunto veniva coperto di stoffa a cui si sovrapponeva paglia infusa di sostanze aromatiche per tenere lontani insetti e parassiti.
Il papiro sul quale ha lavorato la Dottoressa Schiodt, è il papiro Louvre-Carsberg, così chiamato perché metà del documento appartiene al Museo del Louvre di Parigi e l'altra metà fa parte della Collezione Papyrus Carlsberg dell'Università di Copenaghen. Le due parti del papiro originariamente appartenevano a due collezionisti privati e diverse sezioni di esso sono ancora mancanti. Il papiro è lungo sei metri ed è stato datato al 1450 a.C., il che significa che precede di ben mille anni gli unici due altri esemplari di testi recanti notizie sull'imbalsamazione.
L'imbalsamazione, eseguita in un laboratorio appositamente costruito vicino alla sepoltura, si svolgeva in 70 giorni che sono stati divisi in due periodi: un periodo di asciugatura, che durava 35 giorni, ed un periodo di imbalsamazione vero e proprio, anch'esso di 35 giorni. Durante il periodo di asciugatura il corpo veniva trattato con natron secco sia all'interno che all'esterno. Il trattamento con il natron iniziava il quarto giorno di imbalsamazione, dopo la purificazione del corpo, la rimozione degli organi, l'asportazione del cervello e il collasso degli occhi. Il secondo periodo di 35 giorni era dedicato ad avvolgere il morto in bende e sostanze aromatiche.

Fonte: Università di Copenaghe, Facoltà di Lettere
Foto: Sezione del papiro di Carlsberg - The Papyrus Carlsberg Collection, University of Copenaghen

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