giovedì 20 maggio 2021

La sorprendente modernità dell'acquedotto di Costantinopoli

Turchia, il ponte di Kur Unlugerme, parte dell'acquedotto
di Costantinopoli (Foto: Jim Crow)
Gli scienziati dell'Università Johannes Gutenberg di Maiz, in Germania, hanno studiato l'acquedotto di Valente, lungo ben 426 chilometri, che riforniva di acqua Costantinopoli ed hanno scoperto come questa struttura è sopravvissuta al tempo. Sembra i canali siano stati ripuliti dai depositi di carbonato solo pochi decenni prima che il sito venisse abbandonato.
"Il risultato tecnico più rivoluzionario dell'impero romano risiede nella sua gestione dell'acqua, in particolare nei suoi acquedotti a lunga distanza che fornivano acqua alla città, ai bagni e alle miniere", ha affermato il Dottor Gul Surmelihindi, del gruppo di geoarcheologia dell'Università di Mainz.
Quasi tutte le città dell'impero romano avevano un'ampia disponibilità di acqua fresca corrente, in alcuni casi addirittura con un volume maggiore di quanto lo sia oggi. Ad oggi sono noti più di 2.000 acquedotti romani, ma sicuramente molti atri sono in attesa di essere scoperti. Lo studio intrapreso dal Dottor Gul Surmelihindi e dal suo gruppo di ricerca si è concentrato sul più spettacolare acquedotto tardo-romano, quello di Costantinopoli, ora Istanbul.
Nel 324 d.C. l'imperatore Costantino il Grande fece di Costantinopoli la nuova capitale dell'impero romano. Malgrado la città si trovi al crocevia geopolitico di una intensa rete di rotte commerciali terrestri e marittime, l'approvvigionamento idrico costituiva un problema. Per ovviare a questa difficoltà, pertanto, venne costruito un acquedotto che doveva attingere l'acqua a sorgenti poste ad una distanza di 60 chilometri ad ovest della città. 
Con la crescita della città, questo sistema venne ampliato nel V secolo d.C., interessando sorgenti che si trovano a 120 chilometri dalla città. Quest'ultimo ramo consentì all'acquedotto di Costantinopoli di raggiungere la lunghezza di 426 chilometri, l'acquedotto più lungo del mondo antico. Quest'opera straordinaria era costituita da canali in muratura a volte sufficientemente grandi da far passare una persona, costruiti in pietra e cemento e da molte gallerie.
Il Dottor Surmelihindi e la sua equipe hanno studiato i depositi di carbonato di questo acquedotto, vale a dire il calcare che si è formato per scorrimento dell'acqua e che può tornare utile per trarre informazioni sulla gestione dell'acqua e sul paleoambiente dell'epoca. I ricercatori hanno scoperto che l'acquedotto di Costantinopoli conteneva solo sottili strati di deposito di carbonato, pari a quando si può depositare in 27 anni di esercizio. Dagli annali della città, invece, si sa che il sistema funzionò per almeno 700 anni, fino al XII secolo. "Questo significa che l'interno acquedotto deve essere stato mantenuto e ripulito dai depositi durante l'impero bizantino, fino a poco prima che cessasse di funzionare", ha spiegato Surmelihindi.
Malgrado l'acquedotto sia di origine tardo romana, il carbonato trovato nel canale è del medioevo bizantino. Questo ha fatto rifletterei ricercatori sulle possibili strategie di pulizia e manutenzione. Si è scoperto che 50 chilometri della parte centrale del sistema idrico erano costruiti in modo doppio, con un canale dell'acquedotto sopra l'altro, che si incrociavano su ponti a due piani. "E' molto probabile che questo sistema sia stato ideato per consentire le operazioni di pulizia e manutenzione", ha affermato uno dei ricercatori. "Sarebbe stata una soluzione costosa ma pratica".
Purtroppo la ricerca non può proseguire e non è più possibile studiare l'esatto funzionamento del sistema. Uno dei ponti più imponenti, quello di Balligerme, è stato fatto saltare in aria con la dinamite nel 2020 da cercatori di tesori che pensavano che il manufatto potesse contenere, al suo interno, dell'oro.

Fonte:
eurekalert.org

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