domenica 12 ottobre 2025

Elefanti in Sicilia...

Sicilia i resti dell'elefante nano ritrovato
(Fonte: siciliafan.it)

Nel Siracusano, in località Fontane Bianche sono tornati alla luce i resti fossili dell'elefante nano Palaeloxodon mnaidriensis, una specie estinta che popolava la Sicilia durante il Pleistocene.
Ad individuare il riaffioramento dei resti è stato il geologo Fabio Branca, dell'Università di Catania. Si tratta di una scoperta che assume un grande rilievo poiché avvenuta in un'area ricchissima dal punto di vista ambientale, dove insistono riserve naturali, geositi e zone speciali di conservazione.
Il nuovo ritrovamento si inserisce in un contesto paleontologico ben documentato. A pochi chilometri da Fontane Bianche si trova la Grotta di Spinagallo, celebre per i fossili di un'altra specie estinta: il Palaeloxodon falconeri. Questo elefante, alto appena un metro, è uno degli esempi più estremi di nanismo insulare. I suoi resti sono oggi custoditi nel Museo di Paleontologia dell'Università di Catania e nel Museo Archeologico Regionale "Paolo Orsi" di Siracusa.
Secondo quanto riportato dal Museo Gemellaro dell'Università di Palermo, l'antenato comune di queste specie era il gigantesco Palaeloxodon antiquus, noto anche come "l'elefante dalle zanne dritte", alto fino a 4,5 metri. Questo colosso continentale colonizzò la Sicilia in due distinte ondate migratorie: la prima, circa 690mila anni fa, diede origine al minuscolo Palaeloxodon falconeri; la seconda, circa 200mila anni fa, portò alla formazione del più robusto Palaeloxodon mnaidriensis. Entrambe le specie rappresentano casi emblematici di evoluzione insulare, un processo in cui gli animali modificano taglia e caratteristiche fisiche in risposta alle condizioni ambientali uniche delle isole.
Sulle isole, in assenza di predatori e con risorse limitate, alcuni animali diventano più piccoli per risparmiare energia. E' quello che accadde al Palaeloxodon falconeri, che trovò in Sicilia un ambiente con poche minacce e poche risorse, condizioni perfette per miniaturizzarsi. Al contrario, il Palaeloxodon mnaidriensis visse in un'epoca in cui la Sicilia ospitava grandi mammiferi, tra i quali gli ippopotami, predatori e competitori alimentari. Per questo motivo non poté ridursi eccessivamente: doveva difendersi, muoversi agilmente e nutrirsi.
Entrambe le specie si nutrivano di erbe dure e ricche di silice. Il minuscolo falconeri aveva una dieta più selettiva, adattata ad un ambiente povero di risorse. Il più grande Mnaidriensis (alto tra 1,8 e 2 metri) si adattò, invece, a praterie aperte, condivise con altri erbivori.
L'analisi volumetrica dei fossili suggerisce che i maschi pesavano circa 250 kg, mentre le femmine intorno ai 150 kg. Molto più piccoli dei loro antenati, ma dotati di un cervello proporzionalmente più grande, una crescita lenta ed una maggiore longevità.

Fonte:
siciliafan.it

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