giovedì 31 dicembre 2009

Il Mandylion

Il Mandylion, o Immagine di Edessa, era un telo che si venerava tra le comunità cristiane orientali. Su questo telo si diceva essere impresso il volto del Cristo. Dal momento che si pensava fosse di origine miracolosa, era appellata acheropita, vale a dire "non fatta da mano umana".
Inizialmente il Mandylion era conservato ad Edessa di Mesopotamia (oggi Urfa, in Turchia), da qui venne traslato a Costantinopoli dove rimase fino al 1204, quando se ne persero le tracce nel saccheggio della città a seguito della IV crociata.
Eusebio di Cesarea, a proposito del telo, narra che il toparco (cioè governatore o re) di Edessa Abgar V Ukkama ("il Nero"), era malato di lebbra e di gotta. Aveva provato ogni rimedio e consultato diversi medici senza ottenere alcun risultato. Saputo che Gesù operava miracoli gli mandò un suo inviato, Hanna (o Anania) a chiedergli di recarsi ad Edessa. Gesù non andò, ma inviò al suo posto una lettera. Un'altra fonte narra, invece, che Abgar volle che gli fosse recapitato un ritratto di Gesù, per cui il messaggero che aveva inviato doveva osservare le sue sembianze per riprodurle. Gesù, però, consegnò al messo un asciugamano sul quale si era asciugato il viso lasciandovi l'impronta. L'asciugamano sarebbe stato, poi, ripiegato quattro volte doppio (ràkos tetràdiplon) e sarebbe stato chiamato sindon o mandylion. Abgar, ricevuto il telo miracoloso, guarì dalla sua malattia.
Giovanni Damasceno (morto nel 749), menziona l'immagine quando scrive in difesa delle icone. Egeria, pellegrina ad Edessa ne 384, riferisce che il vescovo della città, nel farle visitare i luoghi più importanti, la condusse alla Porta dei Bastioni dalla quale era entrato Hanna, il messo di Abgar. Ma non fa menzione dell'immagine miracolosa.
La prima menzione esplicita del Mandylion risale a Niceforo Callistas che, nel suo "Storia Ecclesiastica", racconta l'invio dell'icona a re Abgar, senza ulteriori specificazioni
Al VI secolo d.C. risale un'informazione più completa, riguardante la presenza del Mandylion ad Edessa. Nel 544 la città subì l'assedio dei Sasanidi guidati da Cosroe I Anushirvan. Una visione si presenta ad Eulavio, vescovo della città: l'esistenza della sacra immagine celata in un muro. Secondo le fonti storiche, il Mandylion sarebbe stato rinvenuto, durante i lavori a seguito di una terribile inondazione del Daisan, il fiume che attraversa Edessa, in una nicchia dentro un muro sovrastante una porta città. Procopio di Cesarea accenna a questa inondazione. Altri autori ritengono, invece, che il Mandylion sia, in realtà, la Sindone e sia giunta ad Edessa solo nel 540, proveniente da Antiochia, assediata, a quel tempo, sempre da Cosroe I.
Il Mandylion rimase ad Edessa anche quando la città fu occupata dai musulmani. Temendo, comunque, per la sua sorte, nel 944 il domestikos (generale) bizantino Giovanni Curcuas, in cambio di 200 prigioneri musulmani e 12.000 corone d'oro, riuscì a riprendere il Mandylion ed a portarlo a Costantinopoli, dove il suo arrivo fu celebrato solennemente dal basileus Costantino Porfirogenito.
Nel 1204 la IV crociata si concluse con il saccheggio di Costantinopoli e la sparizione del Mandylion, di cui si sono per sempre perse le tracce. La reliquia fu descritta, per l'ultima volta, con dovizia di particolari dal cavaliere picardo Robert de Clary nel suo "La conquete de Constantinople". De Clary aveva partecipato alla conquista della città.
Esistono, ad oggi, due oggetti che si contendono il titolo di vero Mandylion: uno si trova a Genova e l'altro a Roma. Ma sono oggetti la cui datazione storica risale rispettivamente al XIV ed al XVII secolo. Anche la Sindone custodita a Torino è, da molti, ritenuta il vero Mandylion.

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