Durante la quarta campagna di scavo del tempio di Giunone Sospita a Lanuvio, gli archeologi hanno effettuato un'importante scoperta. Oltre ad importanti certezze acquisite sull'edificio di culto della dea, nell'area dell'ex uliveto Frediani-Dionigi, come isolare un imponente muro di terrazzamento pertinente alla fase tardo-repubblicana del santuario, è tornata alla luce una testa marmorea di fanciullo di età giulio-claudia, in eccellente stato di conservazione, che è stata gettata nel riempimento di età medio/tardo-imperiale di una intercapedine per il drenaggio delle acque.
Il tempio di Giunone Sospita di Lanuvio risale al VI-V secolo a.C. e domina, da un colle, l'abitato laziale. In questo luogo, anticamente, era collocata l'acropoli della città latina. Dallo studio delle terrecotte ritrovate sono state individuate tre fasi edilizie, nella storia del tempio. La prima risale alla fine del VI secolo a.C., la seconda si colloca nel periodo medio repubblicano (IV-III secolo a.C.), con una relazione accertata con la sconfitta della Lega Latina del 338 a.C., l'ultima fase è fatta comunemente risalire alla metà del I secolo a.C. e messa in relazione alla famiglia Murena (lanuvina) ed in particolare a L. Licinius Murena che, nel 62 a.C., rivestì il consolato.
Il portico è ad arcate con semicolonne doriche, in opera mista, e, probabilmente, era a due piani. In fondo al portico c'è una porticina che dà accesso a diversi cunicoli che molti ritengono siano le grotte dove la credenza popolare voleva vivesse il serpente sacro a Giunone Sospita. Sappiamo, infatti, sia da Properzio che da Eliano che nel santuario, ogni anno, all'avvento della primavera si svolgeva una cerimonia: alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce ad un grosso serpente che si trovava all'interno di un antro. Se l'animale accettava il cibo che gli veniva offerto (indizio della verginità della fanciulla che glielo porgeva), si prospettavano raccolti fecondi. In caso contrario la fanciulla veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
Dalla parte opposta del portico si trova un pilone quadrato in peperino, residuo di un arco di ingresso all'acropoli. Vicino sono stati ritrovati i frammenti di un gruppo marmoreo di statue equestri con la lorica, attualmente conservate al British Museum ed al Museo di Leeds. Testi epigrafici hanno permesso di conoscere i restauri effettuati da Adriano, dal momento che il tempio era in completa rovina.
Originariamente, nel luogo in cui i Romani collocarono il culto di Giunone Sospita, doveva venerarsi una divinità agreste della fertilità, collegata, forse, ai fenomeni di vulcanesimo secondario che pare abbiano dato origine alla tradizione del serpente nascosto nelle grotte. In epoca classica, il culto di questa divinità agreste si fuse con quello di Giunone e sorse un tempio con un relativo bosco sacro. L'epiteto "sospita" deriverebbe, secondo alcuni studiosi, da "sispes-sispita" o "sospes-sospita" che si collega, a sua volta, all'appellativo Soter (Salvatore) attribuito a Zeus.
Il tempio di Giunone Sospita di Lanuvio risale al VI-V secolo a.C. e domina, da un colle, l'abitato laziale. In questo luogo, anticamente, era collocata l'acropoli della città latina. Dallo studio delle terrecotte ritrovate sono state individuate tre fasi edilizie, nella storia del tempio. La prima risale alla fine del VI secolo a.C., la seconda si colloca nel periodo medio repubblicano (IV-III secolo a.C.), con una relazione accertata con la sconfitta della Lega Latina del 338 a.C., l'ultima fase è fatta comunemente risalire alla metà del I secolo a.C. e messa in relazione alla famiglia Murena (lanuvina) ed in particolare a L. Licinius Murena che, nel 62 a.C., rivestì il consolato.
Il portico è ad arcate con semicolonne doriche, in opera mista, e, probabilmente, era a due piani. In fondo al portico c'è una porticina che dà accesso a diversi cunicoli che molti ritengono siano le grotte dove la credenza popolare voleva vivesse il serpente sacro a Giunone Sospita. Sappiamo, infatti, sia da Properzio che da Eliano che nel santuario, ogni anno, all'avvento della primavera si svolgeva una cerimonia: alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce ad un grosso serpente che si trovava all'interno di un antro. Se l'animale accettava il cibo che gli veniva offerto (indizio della verginità della fanciulla che glielo porgeva), si prospettavano raccolti fecondi. In caso contrario la fanciulla veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
Dalla parte opposta del portico si trova un pilone quadrato in peperino, residuo di un arco di ingresso all'acropoli. Vicino sono stati ritrovati i frammenti di un gruppo marmoreo di statue equestri con la lorica, attualmente conservate al British Museum ed al Museo di Leeds. Testi epigrafici hanno permesso di conoscere i restauri effettuati da Adriano, dal momento che il tempio era in completa rovina.
Originariamente, nel luogo in cui i Romani collocarono il culto di Giunone Sospita, doveva venerarsi una divinità agreste della fertilità, collegata, forse, ai fenomeni di vulcanesimo secondario che pare abbiano dato origine alla tradizione del serpente nascosto nelle grotte. In epoca classica, il culto di questa divinità agreste si fuse con quello di Giunone e sorse un tempio con un relativo bosco sacro. L'epiteto "sospita" deriverebbe, secondo alcuni studiosi, da "sispes-sispita" o "sospes-sospita" che si collega, a sua volta, all'appellativo Soter (Salvatore) attribuito a Zeus.
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