mercoledì 12 maggio 2021

San Felice Circeo, nuove scoperte nella grotta Guattari

San Felice Circeo, i resti dei nove neanderthaliani
rinvenuti nella grotta Guattari (Foto: Ministero della
Cultura italiano/AFP/Getty)
Gli archeologi italiani hanno portato alla luce le ossa di nove uomini di Neanderthal che sarebbero stati sbranati dalle iene nella loro tana a circa 100 chilometri a sudest di Roma.
I ricercatori della Soprintendenza Archeologica di Latina e dell'Università di Tor Vergata hanno affermato che i resti appartengono a sette maschi adulti, una femmina ed un bambino. Si pensa che il gruppo umano sia vissuto in epoche diverse, in un lasso temporale compreso tra i 50000 ed i 68000 anni fa. I resti più antichi si crede abbiano 100000 anni.
I resti umani comprendono calotte craniche ed ossa mascellari rotte, due denti e tre femori parziali. Sono stati rinvenuti nella grotta Guattari, che aveva già acquisito notorietà per la presenza di fossili di questi lontani cugini umani, ritrovati per caso nel 1939. "E' una scoperta spettacolare", ha detto Mario Rolfo, professore di archeologia dell'Università di Tor Vergata. "Un crollo, forse causato da un terremoto, ha sigillato questa grotta per più di 60000 anni, preservando così i resti lasciati all'interno per decine di migliaia di anni".
I ricercatori hanno trovato tracce di verdure, accanto ai resti umani, insieme a resti di rinoceronti, cervi giganti, cavalli selvaggi e iene. Secondo gli studiosi la maggior parte dei Neanderthal sono stati uccisi dalle iene e poi trascinati nella grotta che questi animali avevano trasformato nella loro tana. "I Neanderthal erano delle prede per questi animali", ha detto il Professor Rolfo. "Le iene li cacciavano, specialmente i più vulnerabili, come i malati e gli anziani".
Un'analisi preliminare del tartaro dentale ha rivelato che la dieta di questo gruppo umano era piuttosto varia. Consumavano principalmente cereali, che hanno contribuito alla crescita del loro cervello. I Neanderthal hanno abitato l'Eurasia, dalla costa atlantica agli Urali, a partire da circa 400.000 anni fa, scomparendo dopo che la nostra specie si stabilì nella regione. 
Spesso descritti come i parenti semplici e tozzi degli esseri umani moderni, i Neanderthal avevano cervelli simili ai nostri e svilupparono una ricca cultura. Al di là dei loro complessi strumenti in pietra e gioielli dipinti, i Neanderthal erano soliti adornare le caverne con rudimentali affreschi, quali lo stampo delle loro mani.
La speranza è che gli studi consentano di svelare alcuni punti oscuri. Uno, in particolare, legato proprio alla grotta laziale, dove tutti i crani ritrovati presentano una larga apertura alla base, come se qualcuno li avesse aperti apposta per mangiarne il cervello. Secondo gli antropologi potrebbe essere stato l'uomo ad aprire il foro occipitale ed una iena a finire di sgranocchiarlo, potrebbe essere stata la iena stessa ad aprirlo e potrebbe, anche, semplicemente trattarsi di una rottura dovuta al caso. Molte delle ossa rinvenute mostrano chiari segni di rosicchiamento.
Nel 1939, quando venne ritrovato il primo cranio, poggiato in terra al centro di quello che sembrava un cerchio di pietre, si era pensato ad un rito di cerebrofagia. Il paleontologo Alberto Carlo Blanca aveva parlato allora di "cannibalismo rituale" e a dimostrazione della sua teoria aveva fatto una comparazione con una collezione di crani provenienti dalle tribù antropofaghe della Melanesia. Il ritrovamento di altri teschi con le stesse caratteristiche potrebbe far pensare ad una conferma dell'ipotesi avanzata dal paleontologo novecentesco, peraltro poi largamente discussa e contestata dagli studi successivi nei quali altri studiosi hanno immaginato come più probabile che il cranio fosse stato svuotato, invece, da un animale, facilmente le stesse iene che nell'ultimo periodo di vita della grotta l'hanno abitata facendone la loro tana.
"Lo studio geologico e sedimentologico di questo deposito", spiega Mario Rolfo "ci farà capire i cambiamenti climatici intervenuti tra 120 mila e 60 mila anni fa, attraverso lo studio delle specie animali e dei pollini, permettendoci di ricostruire la storia del Circeo e della pianura pontina".

Fonti:
theguardian.com
rainews.it


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