domenica 2 novembre 2025

Ibiza, rinvenuta statuetta lignea di Eracle

Spagna, la statuetta raffigurante Eracle
(Foto: stilearte.it)

Una rara scultura in legno raffigurante Ercole è emersa sulle coste di Ibiza, l'antica Ebusus, consegnandoci un frammento tangibile della devozione e della vita religiosa sotto il dominio romano. La scoperta è avvenuta durante i lavori di scavo in preparazione di un complesso residenziale. 
La statuetta giaceva all'interno di una fossa di rifiuto che in origine era un silo per il grano romano, trasformato nei secoli in un contenitore di detriti. Le condizioni particolari, con acqua sotterranea in risalita ed assenza di ossigeno, hanno creato un ambiente anaerobico, proteggendo il legno dall'azione dei microrganismi e garantendone una conservazione sorprendentemente integra, comparabile solo ai ritrovamenti delle torbiere settentrionali europee, ma quasi impensabile sotto il sole di Ibiza.
Ebusus, l'antica Ibiza, entrò a far parte del mondo romano dopo la caduta di Cartagine nel 146 a.C., divenendo velocemente un porto prospero, nodo commerciale strategico e luogo di incontro tra mercanti, militari e coloni. La presenza di una scultura di Ercole non è casuale: l'eroe, già noto nella tradizione greca come Eracle, fu reinterpretato dai Romani, assumendo significati simbolici profondi legati al coraggio, alla forza e alla protezione dei confini. Su quest'isola, il culto di Ercole era probabilmente diffuso tra chi partecipava alle attività marittime e commerciali, figure che necessitavano di una protezione contro i pericoli del mare e della navigazione.
La scultura è stata trasferita al Museo Archeologico di Ibiza e Formentera, insieme a calzature, utensili e resti vegetali che, tutti insieme, restituiscono una testimonianza straordinaria della vita quotidiana e della religiosità dell'isola. Gli esperti hanno stabilizzato il legno in un ambiente controllato per evitarne la disintegrazione, un lavoro che richiederà mesi, mentre il rinvenimento di noccioli di frutta permette di ricostruire anche le pratiche agricole e l'ecologia dell'epoca.

Fonte:
stilearte.it

Sicilia, scoperta una navis lapidaria romana nelle acque di Kamarina

Ragusa, i resti della nave lapidaria romana scoperti al 
largo della costa (Foto: quotidianodiragusta.it)

E' stato recentemente individuato e parzialmente analizzato un antico relitto romano, una navis lapidaria risalente al II secolo d.C., a circa 2 chilometri dalla costa dell'antica Kamarina, nel comune di Ragusa.
Kamarina venne fondata agli inizi del VI secolo a.C. (598-597 a.C.) dai Greci di Siracusa, sul promontorio delimitato dai fiumi Ippari a nord e Oanis a sud. Lo scopo dell'insediamento era quello di creare un presidio lungo la rotta africana e frenare l'espansione verso sud di Gela, che una ventina di anni dopo, fonderà Akragas.
Divenuta rapidamente un importante centro agricolo e di riferimento per i fiorenti traffici commerciali dell'entroterra ibleo e anche dei Siculi, la colonia entrò presto in conflitto con la città-madre Siracusa, conflitto che durò a lungo. Secoli dopo, il suo porto, ormai sotto il dominio romano, visse ancora un periodo di floridezza, ma negli anni dell'impero perse importanza a favore del porto poco distante di Kaukana.
Il ritrovamento è il risultato del Kaukana Project, un'iniziativa di ricerca che vede la stretta collaborazione tra l'Università di Udine, la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e l'Institute of Nautical Archaeology del Texas. Il progetto, avviato sette anni fa su impulso dell'archeologo Sebastiano Tusa, si concentra nell'area costiera tra Kamarina, Kaukana e Ispica, un tempo nodo cruciale per i traffici nel Mediterraneo.
Il relitto ha rivelato un carico significativo pe la ricostruzione delle rotte commerciali romane. A bordo sono state rinvenute due colonne semilavorate di marmo numidico, blocchetti di arenaria e marmo grigio oltre a numerose anfore africane. La presenza del marmo proveniente dall'Africa già a partire dal I secolo a.C. conferma l'importanza degli scambi marittimi con le coste meridionali del Mediterraneo.
Attualmente le ricerche si stanno concentrando sull'analisi dettagliata dello scafo e sul prelievo di campioni per analisi paleobotaniche. 

Fonte:
ilgiornaledellarte.com

Camerino, riemergono i resti dell'antica chiesa di San Michele Arcangelo e tombe romane

Camerino, la pianta dell'antica chiesa di S. Michele
Arcangelo (Foto: finestresullarte.com)

Indagini archeologiche in corso, in questi giorni, nel centro storico di Camerino, nell'area di demolizione dell'ex albergo Roma e del Cinema Teatro Ugo Betti, stanno riportando alla luce antiche vestigia che arricchiscono la conoscenza del passato più antico della città.
Le indagini condotte dalle società archeologiche Sama e Archeolab, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza, hanno interessato il sedime dell'antica chiesa di San Michele Arcangelo, demolita nel 1938 ma nota dalle fonti d'archivio.
I sondaggi preliminari hanno dimostrato che le demolizioni storiche avevano coinvolto solo le strutture fuori terra, permettendo la conservazione in loco da una parte delle fondazioni delle murature perimetrali e interne, dall'altra di strutture funerarie ipogee destinate ad ospitare tombe familiari di epoca preromana (VI-V secolo a.C..), romana e tardoantica (IV secolo d.C.). Successive indagini hanno rivelato la planimetria dell'edificio sacro e le aree di sepoltura. Nella parte centrale della navata sono stati scoperti ambienti ipogei voltati con intonaci dipinti, pertinenti forse ad una cripta o a spazi liturgici di particolare pregio.
Le analisi stratigrafiche hanno evidenziato più fasi edilizie, confermando la maestria costruttiva e decorativa che caratterizzò l'edificazione della chiesa. Il sito, infatti, vanta una considerevole valenza storico-archeologica. Le indagini proseguiranno nei prossimi mesi con l'obiettivo di approfondire le fasi più antiche, riferibili all'epoca medioevale e romana, ricostruendo, quindi, la cronologia evolutiva dell'area.

Fonti:
ilgiornaledellarte.com
regione.marche.it

Policoro, memorie antiche celate dal terreno: l'antico teatro della città

Policoro, il sito del teatro (Foto: finestresullarte.info)

Il Parco Archeologico di Herakleia (Policoro, in provincia di Matera) continua a svelare capitoli inediti della storia della Magna Grecia. Lungo il pendio meridionale della Collina del Barone, una serie di indizi emersi nel corso di indagini scientifiche ha portato all'individuazione di una vasta struttura semicircolare che, secondo le interpretazioni più recenti, corrisponderebbe al teatro della città antica. Una scoperta che apre nuove prospettive sulla conoscenza urbanistica e culturale di uno dei centri più importanti della Lucania greca.
I primi segnali della presenza di una grande architettura erano emersi durante un'analisi di superficie e rilievi aerofotogrammetrici, che avevano mostrato anomalie nel terreno. Indizi confermati, in seguito, da una campagna di indagini geofisiche condotte dal team dell'Università della Basilicata, che ha messo in luce un complesso sistema di linee magnetiche concentriche e di grandi dimensioni. La forma e il contesto topografico hanno indirizzato gli studiosi sull'ipotesi della presenza di un teatro, collocato in posizione scenografica sul declivio che domina l'antica città.
La posizione non è casuale, d'altro canto: proprio di fronte alla struttura sorgeva il santuario di Dioniso, divinità delle arti teatrali oltre che dell'ebbrezza, al quale nell'antica Grecia erano consacrate le rappresentazioni teatrali. Il legame tra culto dionisiaco e spazio teatrale rafforza ulteriormente l'interpretazione proposta dagli archeologi.
Il progetto di ricerca si avvale delle risorse destinate alla ricerca archeologica dai Musei Nazionali di Matera. La campagna archeologica vera e propria inizierà nel mese di novembre e sarà eseguita direttamente dal Ministero della Cultura, sotto la direzione scientifica del Dottor Carmelo Colelli.
Il teatro, simbolo per eccellenza della vita comunitaria, emerge dal sottosuolo di Policoro a simbolo della continuità tra passato e presente. La sua individuazione amplia la conoscenza scientifica di Herakleia.
Herakleia fu una colonia greca, posizionata su una collina tra la foce del fiume Agri e quella del fiume Sinni. Nel parco archeologico sono ancora visibili alcuni resti della città di Siris e, in particolare, una fortificazione in mattoni crudi e piccole aree sacre. Herakleia venne fondata da Taranto e Thourioi nel 433 a.C. sui resti di un'altra colonia greca, Siris. Assunse un ruolo politicamente molto importante e ospitò la riunione dei popoli della lega italiota nel 374 a.C. Qui si svolse, nel 280 a.C., la Battaglia di Herakleia, che vide Pirro vincitore sui romani grazie all'utilizzo degli elefanti da guerra. La città divenne, in seguito, confederata della Repubblica romana nel 272 a.C. e venne saccheggiata sia da Annibale che da Spartaco.

Fonti:
finestresullarte.info
sitiarcheologiciditalia.it

domenica 26 ottobre 2025

Ix Ch'ak Ch'een, regina dei Maya

Penisola dello Yucatan, la tomba che custodisce i resti
di Ix Ch'ak Ch'een, regina del VI secolo d.C.
(Foto: stilearte.it)

Nella penisola dello Yucatan, l'antica città Maya di Cobà ha restituito un frammento straordinario della sua storia: la Roccia di Fondazione, un monumento calcareo rinvenuto nel gruppo di Nohoch Mul, vicino ad una riserva d'acqua naturale. Questo monumento ha permesso agli epigrafisti David Stuart, dell'Università del Texas ad Austin e Octavio Esparza Olguìn, UNAM, di identificare Ix Ch'ak Ch'een, una delle regine che governarono Cobà nel VI secolo d.C., rivelando dettagli inediti sulla successione femminile nella politica Maya e sulla centralità delle donne nella leadership.
La data 9.6.15.6.9 (12 maggio 569 d.C.) segna l'istituzione del titolo di kaloomté, un alto ufficio politico militare, a  Kehwitznal, che significa "luogo della Montagna dei Cervi", presumibilmente riferito all'area di Nohoch Mul. Ix Ch'ak Ch'een emerge come figura centrale di questo evento, confermando la sua autorità e associandola ad altri monumenti di Cobà, come il Pannello 7 e le Stele 26 e 30. Le iscrizioni collegano la regina alla costruzione del campo da gioco del gruppo D e al completamento del settimo ciclo di k'atun l'8 dicembre 573 d.C. Varianti del suo nome, come Ix Ch'ak Ch'een Yopaat, e la sua associazione con il dio K'awiil, consolidano la sua posizione e il riconoscimento divino del suo governo.
La Roccia di Fondazione sottolinea anche il rapporto della sovrana con divinità protettrici come Bolon Tz'akab Ajaw, "Signore delle Innumerevoli Generazioni", collegando il suo regno ai miti della creazione di Cobà. Il testo fa riferimento al serpente witz', creatura mitologica associata all'acqua, accrescendo il significato spirituale della riserva di acqua natura dove il monumento è scolpito.
Cobà, estesa su circa 80 chilometri quadrati e con una popolazione stimata di 50.000 abitanti al suo apice, era famosa per la sua vasta rete di strade rialzate in pietra. La Roccia di Fondazione offre una visione unica di come i governanti combinassero autorità politica, pratiche rituali e memoria dinastica. Il reperto rivela non solo la presenza femminile al vertice del potere, ma anche la complessa sovrapposizione tra paesaggi sacri e potere politico, una dinamica osservabile anche in alcune civiltà mediterranee dell'antichità, dove le regine o le figure femminili erano protagoniste di riti religiosi e di successioni dinastiche straordinarie, pur in contesti prevalentemente patriarcali.

Fonte:
stilearte.it

Egitto, scoperta una fortezza lungo la via di Horus

Egitto, i resti della fortezza di Tell el-Kharouba, nel Sinai
(Foto: MoTA)

Una missione archeologica egiziana ha portato alla luce una delle più grandi e strategiche fortezze militari scoperte finora lungo l'antica via di Horus, nel nord del Sinai, presso il sito di Tell el-Kharouba, vicino la costa mediterranea. 
La fortezza risale al Nuovo Regno (1550-1070 a.C.) e contribuisce a far luce sul sistema difensivo dei faraoni lungo la via di Horus, il confine nordorientale dell'antico Egitto, tra il Delta e la Palestina.
La struttura si estende su circa 8.000 metri quadrati, triplicando le dimensioni della precedente fortezza rinvenuta nello stesso sito, ad appena 700 metri di distanza, negli anni '80 del secolo scorso. La fortezza si unisce agli altri importanti avamposti sulla stessa direttrice quali Tel Heboua, Tell el-Borg e Tell el-Ahmar.
Gli archeologi hanno identificato le mura meridionali, lunghe 105 metri e spesse 2,5 metri, e un ingresso secondario largo 2,2 metri. Finora sono state rinvenute undici torri difensive, il bastione nordoccidentale e parti delle mura settentrionali e occidentali.
Un elemento particolarmente interessante è un muro ad andamento sinusoidale lungo 75 metri sul lato occidentale, che racchiude un'area residenziale per i soldati. Questa tecnica a zig-zag, tipica delle fortezze del Nuovo Regno, evidenzia la capacità degli ingegneri egizi di adattarsi all'ambiente desertico.
Gli scavi hanno anche rivelato importanti reperti legati alla vita quotidiana dei soldati: un grande forno per il pane con resti di impasto pietrificato, frammenti ceramici e recipienti utilizzati nella guarnigione, tra i quali spicca il manico di una giara con il nome del faraone Thutmosis I, sovrano della XVIII Dinastia, insieme a pietra vulcanica proveniente, via mare, dalle isole vulcaniche della Grecia. Questi ritrovamenti confermano che la fortezza non era solo un avamposto militare ma anche un centro di vita e logistica militare ben organizzato.

Fonte:
mediterraneoantico.it


Roma, scoperti i resti di una grande basilica paleocristiana circiforme

Roma, la basilica scavata tra il 1993 ed il 2013
(Foto: Lucrezia Spera)

Un nuovo tassello della Roma cristiana delle origini riaffiora dal sottosuolo del suburbio meridionale della capitale. Tra le vie Appia ed Ardeatina, all'interno del comprensorio della catacomba di San Callisto, è stata scoperta una grande basilica funeraria di età costantiniana, risalente al IV secolo
La basilica individuata, lunga 68 metri e larga 29, presenta una pianta circiforme, ovvero con le navate laterali che si sviluppano attorno all'abside, secondo un modello architettonico diffuso in epoca costantiniana e che richiama per struttura quella di un circo. Si tratta della settima basilica rinvenuta nel suburbio romano. Il sito, di proprietà della Santa Sede, ricade entro i confini della vasta area funeraria della catacomba di San Callisto, uno dei principali complessi sepolcrali della Roma paleocristiana.
Gli archeologi ritengono che la basilica possa essere datata agli anni Trenta o Quaranta del IV secolo, in piena età costantiniana. Gli elementi emersi, sia dal punto di vista strutturale sia in relazione al contesto circostante, sembrano confermare l'identificazione con la chiesa menzionata dalle fonti antiche in corrispondenza delle tombe dei santi Marco e Marcelliano, martiri della tradizione cristiana romana. Questa basilica, secondo testimonianze documentarie, era ancora meta di pellegrinaggio nel VII secolo.
La ricerca, che si è avvalsa di metodologie all'avanguardia ed ha potuto contare su strumentazioni come il georadar, la tomografia elettrice e la magnetometria, si è svolta in collaborazione con l'Università della Tuscia e con il supporto tecnico dell'Italferr, azienda specializzata in pratiche di archeologia preventiva.
Nella stessa zona Vincenzo Fiocchi Nicolai, Professore ordinario di Archeologia cristiana e medioevale all'Università di Roma Tor Vergata, aveva già diretto, tra il 2006 ed il 2013, un'estesa campagna di scavo che aveva portato alla luce un'altra basilica di tipologia simile, anch'essa circiforme, fondata da papa Marco nel 336 d.C., lo stesso papa che poi vi venne sepolto.
Un fondamentale contributo scientifico alla comprensione del sito arriva dalla collaborazione con il laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Biologia dell'Università di Roma Tor Vergata, diretto dalle Professoresse Olga Rickards e Cristina Martinez-Labarga. L'analisi degli inumati rinvenuti in passato e quelli che si prevede emergeranno nel corso dei futuri scavi potrà fornire importanti indicazioni non solo sulle pratiche funerarie dell'epoca, ma anche sulla composizione demografica, le condizioni sanitarie e gli stili di vita delle comunità cristiane nel suburbio romano del IV secolo.

Fonte:
finestresullarte.info

Germania, scoperto un sorprendente tumulo di età romana

Germania, cerchio di pietre di Wolkertshofen
(Foto: Dr. Woidich GmbH)

Nel distretto di Eichstatt, in Alta Baviera, è emersa una straordinaria testimonianza di età romana: le fondamenta di un tumulo funerario di epoca imperiale. Un ritrovamento raro per l'antica provincia della Rezia, che un tempo comprendeva gran parte della Germania meridionale, nonché porzioni della Svizzera e del Tirolo.
Durante i lavori per la costruzione di un bacino di raccolta delle acque piovane, avviati nell'autunno del 2024 nei pressi di Wolkertshofen, vicino a Nassenfels, gli archeologi hanno individuato un complesso circolare in pietra del diametro di circa dodici metri, affiancato da un'estensione quadrata di due metri per lato, probabilmente la base di una stele o di una statua commemorativa. L'accuratezza costruttiva e la regolarità delle pietre lavorate non lasciano dubbi: si tratta di una struttura funeraria romana di notevole importanza.
In un primo momento gli scavi avevano restituito soltanto tracce di insediamenti preistorici e frammenti ceramici; successivamente, la scoperta del cerchio di pietre ha aperto nuove prospettive di studio. L'elevata qualità costruttiva e la posizione in prossimità di una strada romana e non lontano da una villa rustica, suggeriscono che il monumento fosse destinato ad una persona di rango elevato o ad un luogo di memoria pubblica. Tuttavia, l'assenza di resti umani o di corredi funerari all'interno del tumulo induce gli studiosi a ipotizzare che si tratti di un cenotafio, ossia una tomba simbolica eretta in onore di qualcuno sepolto altrove.
Nel mondo romano i tumuli funerari rappresentavano un'antica tradizione, radicata tanto in Italia quanto nell'Europa centrale. A partire dal I secolo d.C., queste strutture si diffusero anche nelle province nord-occidentali dell'Impero, talvolta riutilizzando siti preesistenti dell'Età del Bronzo o del Ferro. Alcuni archeologi interpretano tale fenomeno come un richiamo consapevole alle antiche pratiche celtiche di sepoltura.

Fonte:
finestresullarte.info

domenica 12 ottobre 2025

Turchia, l'antichissima e leggendaria città di Troia svela nuovi gioielli

Turchia, il fermaglio d'oro di 4500 anni rinvenuto a Troia
(Foto: Ministero della Cultura e del Turismo della 
Repubblica della Turchia)

Le campagne di scavo condotte nel sito archeologico di Troia (l'antica Ilio, in Turchia) hanno portato alla luce una scoperta che promette di entrare a pieno titolo nella letteratura archeologica mondiale. Nel corso delle ricerche del 2025 promosse dal Ministero della Cultura e del Turismo turco, è stato rinvenuto un prezioso broche (fermaglio) d'oro risalente all'Età del Bronzo Antico, databile intorno al 2500 a.C. Il reperto, ritrovato all'interno degli strati associati a Troia II, rappresenta una testimonianza materiale di straordinaria rilevanza per la ricostruzione delle origini della civiltà troiana.
Utilizzato come simbolo di potere e status sociale, il broche presenta un anello dorato la cui tipologia, secondo gli studiosi, lo colloca tra i più importanti ritrovamenti archeologici degli ultimi cento anni. La sua eccezionalità è ulteriormente accresciuta dal fatto che nel mondo siano noti soltanto tre esemplari di questo tipo, e quello emerso a Troia risulta essere il meglio conservato tra quelli documentati finora. Il ritrovamento ha permesso, inoltre, di chiarire uno dei nodi cronologici più dibattuti della ricerca su Troia. La presenza del broche nei livelli stratigrafici attribuiti a Troia II ha, infatti, fornito elementi determinanti per definire la datazione di questa fase insediativa.
Se fino ad oggi gli studiosi oscillavano tra un'inquadratura cronologica compresa tra il 2300 ed il 2200 a.C. e l'ipotesi di un'origine più antica, la scoperte consente di fissare con maggiore precisione l'inizio di Troia II intorno al 2500 a.C. Si tratta di un avanzamento importante nella comprensione della sequenza storica del sito e delle trasformazioni che interessarono la comunità troiana nel corso dell'Età del Bronzo Antico.
Il broche non è stato l'unico reperto ad emergere durante le indagini. Nello stesso contesto stratigrafico gli archeologi hanno individuato anche una spilla in bronzo ed un raro frammento di giada. Quest'ultimo, in particolare, si distingue per la sua rarità all'interno dei corredi di lusso dell'epoca. Secondo le prime ipotesi, la pietra, lavorata con estrema cura, potrebbe essere stata impiegata come elemento decorativo, forse incastonata in un anello od utilizzata come ornamento personale.

Fonte:
finestresullarte.info

Atri (Teramo), torna alla luce una sconosciuta necropoli della prima Età del Ferro

Atri, Teramo, la necropoli della prima Età del Ferro
(Foto: finestresullarte.info)

Durante i lavori per la realizzazione del nuovo metanodotto "Cellino Attanasio-Pineto", nel territorio di Atri (Teramo), in località Casoli-contrada Casabianca, è stata fatta un'importante scoperta archeologica: una necropoli risalente alla prima Età del Ferro, finora sconosciuta in quest'area.
Le indagini sono condotte sotto la supervisione scientifica della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di L'Aquila e Teramo ed hanno restituito finora dieci sepolture ad inumazione. In base agli oggetti di corredo rinvenuti, le sepolture sono databili tra l'850 e il 750 a.C. In alcuni casi sono state conservate le tracce dei tumuli di copertura, costituiti da ciottoli fluviali e di dimensioni comprese tra i 7 ed i 15 metri: una pratica funeraria tipica dell'Abruzzo protostorico. Le tombe appartengono sia ad adulti che a bambini molto piccoli, testimonianza significativa di un riconoscimento sociali esteso a tutta la comunità, indipendentemente dall'età.

Fonte:
finestresullarte.info
 


Iraq, i guardiani delle porte di Ninive

Iraq, i resti dei lamassu nel palazzo assiro di
Tell Nabi Yunus (Foto: Ministero della Cultura,
del Turismo e dell'Archeologia dell'Iraq)

Nel sito archeologico di Tell Nabi Yunus, a Ninive, in Iraq, la missione tedesca dell'Università di Heidelberg ha riportato alla luce importanti resti del palazzo militare assiro risalente ai regni di Sennacherib, Esarhaddon e Assurbanipal, tra cui rilievi della sala del trono e quindici lamassu monumentali.
Si tratta di elementi architettonici e scultorei legati al palazzo militare assiro costruito durante i regni di Sennacherib (in carica tra il 704 ed il 681 a.C.), Esarhaddon (680-669 a.C.) e Assurbanipal (669-626 a.C.).
Tra le scoperte più importanti figura la facciata della sala del trono, decorata con rilievi a bassorilievo che testimoniano l'alto livello tecnico e artistico raggiunto dagli artigiani assiri. A questi si aggiungono numerosi esemplari di lamassu, tori alati con volto umano posti a protezione delle porte monumentali dei palazzi reali. Gli archeologi hanno individuato i resti di quindici lamassu, di cui dodici ancora in situ. Alcuni di essi risultano scolpiti da un unico blocco di pietra, mentre altri sono stati realizzati assemblando più elementi lapidei, una soluzione costruttiva rara nell'architettura assira della fase tarda.
La presenza di un così alto numero di lamassu nello stesso complesso e la loro varietà tecnica forniscono, dunque, nuovi elementi per comprendere le modalità costruttive e simboliche dei palazzi reali assiri. I monumentali guardiani di pietra, raffigurati con il corpo di toro, le ali d'aquila e il volto umano, avevano un ruolo tanto funzionale quanto rituale, segnando i punti di accesso principali e allontanando le forze maligne dal centro politico dell'impero.
L'accuratezza delle operazioni di conservazione e catalogazione sarà determinante per la tutela e la valorizzazione del sito, la cui importanza storica e simbolica resta centrale per la comprensione delle radici della Mesopotamia antica.
Situato in un'area strategica della città di Ninive, il complesso era parte integrante del sistema politico e militare assiro. La ricchezza decorativa, la monumentalità delle strutture e la qualità delle sculture rinvenute dimostrano la volontà dei sovrani assiri di rappresentare il proprio potere attraverso un linguaggio visivo imponente e fortemente simbolico.

Fonte:
finestresullarte.info
 


Ibiza, rinvenuta statuetta lignea di Eracle

Spagna, la statuetta raffigurante Eracle (Foto: stilearte.it) Una rara scultura in legno raffigurante Ercole è emersa sulle coste di Ibiza ...